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La Fede che Salva - Giacomo 2:14-26

filename: 59-02b-a.doc di Marco deFelice, www.aiutobiblico.org - sermone su Giacomo. Oggi, Giacomo 2:14-26 Parte di una serie di Sermoni. Per Rovigo, 6 giugno 1999, di Marco deFelice >

Introduzione

Qual è la cosa più importante nella vita? Non sto chiedendo quale cosa immaginiamo che possa essere la più importante, ma qual è veramente la cosa più importante in assoluto nella vita. Da Gesù Cristo, il Signore di tutto, sappiamo che la cosa più importante è la salvezza.

Marco 8:36 E che giova all’uomo se guadagna tutto il mondo e perde l’anima sua?

Cioè, nulla vale quanto l’anima, ovvero, nulla vale quanto avere la salvezza dell’anima. Allora, la salvezza è la cosa più importante in assoluto.

La Parola di Dio spiega che non tutti vengono salvati, infatti, sappiamo che pochi vengono salvati. Gesù stesso dichiara più volte che i salvati sono pochi.

Sappiamo che la salvezza non si ha per i meriti della persona, ma come dono di Dio, per mezzo della fede in Gesù Cristo. Allora, avere una vera fede in Cristo è assolutamente essenziale.

Finora, nella lettura dell’epistola di Giacomo, abbiamo visto che egli ci sta dando degli indicatori per verificare che la nostra fede sia vera.

Quando parliamo della salvezza che si ha per mezzo della fede, spesso chi ci ascolta risponde dicendo di credere già in Dio. Pensa di essere a posto. Però, è chiaro che non tutti quelli che dicono di credere sono salvati. Questo perché non tutti hanno una fede viva.

Il brano che vogliamo considerare oggi, Giacomo 2:14-26, parla della differenza tra una fede vera, quella che salva, e una fede morta, che non può salvare.

il brano vv.14-26

Iniziamo leggendo il brano

14 A che serve, fratelli miei, se uno dice di aver fede ma non ha opere? Può la fede salvarlo? 15 Se un fratello o una sorella non hanno vestiti e mancano del cibo quotidiano, 16 e uno di voi dice loro: «Andate in pace, scaldatevi e saziatevi», ma non date loro le cose necessarie al corpo, a che cosa serve? 17 Così è della fede; se non ha opere, è per sé stessa morta. 18 Anzi uno piuttosto dirà: «Tu hai la fede, e io ho le opere; mostrami la tua fede senza le tue opere, e io con le mie opere ti mostrerò la mia fede». 19 Tu credi che c’è un solo Dio, e fai bene; anche i demòni lo credono e tremano. 20 Insensato! Vuoi renderti conto che la fede senza le opere non ha valore? 21 Abraamo, nostro padre, non fu forse giustificato per le opere quando offrì suo figlio Isacco sull’altare? 22 Tu vedi che la fede agiva insieme alle sue opere e che per le opere la fede fu resa completa; 23 così fu adempiuta la Scrittura che dice: «Abraamo credette a Dio, e ciò gli fu messo in conto come giustizia»; e fu chiamato amico di Dio. 24 Dunque vedete che l’uomo è giustificato per opere, e non per fede soltanto. 25 E così Raab, la prostituta, non fu anche lei giustificata per le opere quando accolse gli inviati e li fece ripartire per un’altra strada? 26 Infatti, come il corpo senza lo spirito è morto, così anche la fede senza le opere è morta.

La chiave di questo brano è il v.14.

14 A che serve, fratelli miei, se uno dice di aver fede ma non ha opere? Può la fede salvarlo?

In questo brano, Giacomo considera il caso di chi dice di avere fede, ma non ha vera fede. A che serve, se uno dice di avere fede, ma non ha opere?

Oggi, tante persone dicono di avere fede. Quando spieghiamo il vangelo, insegnando che la salvezza si ha per fede, tante persone affermano subito di avere fede. Tutto quello che spieghiamo, loro dicono di crederlo. Allora, cosa dobbiamo pensare in questi casi? È salvato chiunque dice di avere fede?

Giacomo spiega che quando una persona dice di avere fede, ma non ha le opere, la sua fede non serve a nulla, la sua fede è una fede morta.

Dobbiamo capire che il discorso di questo brano non riguarda il modo in cui si può essere salvati. Giacomo ha già parlato del fatto che siamo stati salvati per fede. Egli non insegna una salvezza per opere. Questo l’abbiamo visto in Giacomo 1:17,18

ogni cosa buona e ogni dono perfetto vengono dall’alto e discendono dal Padre degli astri luminosi presso il quale non c’è variazione né ombra di mutamento. Egli ha voluto generarci secondo la sua volontà mediante la parola di verità, affinché in qualche modo siamo le primizie delle sue creature.

Dio ci ha generati, ovvero, salvati, mediante la Parola della Verità, cioè, mediante il Vangelo. Non ci ha generati tramite le nostre opere, ma tramite il Messaggio della salvezza in Cristo.

Il discorso di questo brano riguarda la differenza tra una fede viva, che salva, e che produce opere, e una fede morta, che non salva, e non produce opere.

Allora, nel v.14, quando si parla di chi dice di avere fede, si tratta di una persona che non ha una fede viva. La fede morta non serve a nulla. Non salva. Questo brano spiega che la fede morta non produce opere.

paragone con le parole dei vv.15-16

Nei vv. 15,16, Giacomo usa un paragone per rendere più chiaro il concetto.

15 Se un fratello o una sorella non hanno vestiti e mancano del cibo quotidiano, 16 e uno di voi dice loro: «Andate in pace, scaldatevi e saziatevi», ma non date loro le cose necessarie al corpo, a che cosa serve? 17 Così è della fede; se non ha opere, è per sé stessa morta.

In questo paragone, Giacomo fa l’esempio di una persona che ha parole di compassione, che però non producono azioni di compassione. Allora a cosa servono quelle parole? Non servono a nulla. In questo esempio, è da presumere che la persona che parla abbia qualche possibilità di aiutare la persona bisognosa. Dunque, mostrare compassione a parole, ma non a fatti, rivela che la compassione di quella persona è morta, cioè non è una vera, viva compassione. La vera compassione non è fatta di parole. È qualcosa che nasce dal cuore, che possiamo vedere maggiormente nelle azioni. Una compassione che non porta all’azione è una compassione morta.

v.17 Così è della fede; se non ha opere, è per sé stessa morta.

Nello stesso modo, la fede, se non ha opere, cioè, se non produce opere, è una fede morta. Le opere non salvano, ma la fede viva tramite la quale Dio ci salva, produce opere.

vv.18,19 confronto

Nei vv. 18 e 19, Giacomo si confronta con un ipotetico oppositore; una persona che ha una fede morta, e che vuole affermare che quella fede è in grado di salvarlo.

Leggiamo il brano:

18 Anzi uno piuttosto dirà: «Tu hai la fede, e io ho le opere; mostrami la tua fede senza le tue opere, e io con le mie opere ti mostrerò la mia fede». 19 Tu credi che c’è un solo Dio, e fai bene; anche i demòni lo credono e tremano.

Per capire questi versetti, dobbiamo capire chi sono le persone che stanno parlando. Qui, abbiamo due persone. Uno è un vero credente. L’altra persona dichiara di essere credente. Dichiara di aver fede, ma non è salvata, e la sua fede è senza opere, cioè, è una fede morta.

Ovviamente, la persona con una fede morta aveva dichiarato di avere fede. Perciò colui che ha la vera fede gli dice: Tu hai la fede, e io ho le opere; mostrami la tua fede senza opere, e io con le mie opere ti mostrerò la mia fede.

Chiaramente, non è possibile mostrare la fede, se non per mezzo delle opere. Cioè, la vera fede, in sé, è invisibile. La vera fede riempie il cuore, e trasforma la vita. Ma, in sé, non è visibile.

Invece, le opere che la vera fede produce sono visibili. La persona con una fede morta, cioè, una fede non vera, non farà opere che mostrino la sua fede. Perciò, gli sarà impossibile mostrare la propria fede.

Invece, quando uno ha una fede vera, ci sarà anche vero frutto. Naturalmente, ci possono essere situazioni in cui il frutto può non essere visibile. Per esempio, il ladro sulla croce accanto a Gesù, credette in Cristo. Però, morì poco dopo aver creduto. In quel caso, non era possibile vedere frutto nella sua vita. Però, salvo in quei casi in cui la persona muore subito dopo la conversione, la vera fede produce vere opere. Queste opere possono aiutare a dimostrare la realtà della fede.

Dobbiamo capire che è possibile per una persona non salvata credere di avere quello che sembra essere un vero frutto. Per esempio, i Farisei erano molto impegnati nelle opere religiose. Ci sono tante persone oggi che si dedicano a opere di bene, ma che non hanno vera fede in Cristo Gesù. Esteriormente, certe opere possono sembrare le stesse compiute dai veri credenti, anche quando vengono fatte da persone che non sono veri credenti. Le opere in sé non sono una garanzia della vera fede. Sono una forte indicazione, ma non sono una garanzia.

Invece, quando NON ci sono le opere, questa è una forte indicazione che la fede di quella persona è morta. Quindi, quando una persona dichiara di avere fede, e non segue l’insegnamento di Dio nella Bibbia, non porta il frutto che dimostra la veracità della sua fede.

Allora, i vv.18 e 19 parlano di come le opere possono mostrare la realtà della fede. L’idea qui è che la vera fede cambia la vita, e produce una vita di opere. Senza opere, la fede non si dimostra vera. È una fede morta.

v.19 la fede morta non vale

Il v.19 è un’ulteriore conferma che la fede morta non vale

Tu credi che c’è un solo Dio, e fai bene; anche i demòni lo credono e tremano.

Questa persona, che ha una fede morta, si sente tranquilla, perché crede. Ma il suo “credere” è solo intellettuale, cioè, crede ai fatti che riguardano Dio. Crede che c’è un solo Dio. Giacomo dimostra che questo modo di credere non salva, perché anche i demoni credono queste cose. La fede che porta alla salvezza non è una semplice presa di posizione intellettuale, ma significa accogliere personalmente per fede Gesù Cristo nella propria vita. Questa fede viva produce opere.

vv.20-26 Tre esempi

Nei versi da 20 a 26, Giacomo usa tre esempi per mostrare che la vera fede produce opere, e quindi, che una fede senza opere non è una vera fede, e non può salvare. Le opere dimostrano che la fede è viva.

Quando leggiamo questi versetti, dobbiamo ricordare che l’insegnamento che Giacomo sta dando non è che la salvezza è per opere anziché per fede, perché anche Giacomo, coerentemente con gli altri apostoli, insegna che la salvezza si ha solo mediante la fede. Il punto del suo discorso è che una fede che non produce opere si dimostra una fede morta. Quella fede non salva.

v.20 Insensato! Vuoi renderti conto che la fede senza le opere non ha valore?

Giacomo chiama questa persona “insensato”, perché quella persona vuole credere di essere stata salvata, quando invece non ha una fede vivente. La sua fede non produce opere, eppure vuole credere che comunque abbia valore. Per questo è insensato. Questi esempi gli dimostrano che una fede morta non serve a nulla.

Allora, tenendo questo in mente, guardiamo i tre esempi che Giacomo usa. Prima, parla di Abraamo, poi di Raab, e poi fa un esempio sul corpo umano.

vv.21-24 Esempio di Abraamo

Leggiamo i vv.21-24

Abraamo, nostro padre, non fu forse giustificato per le opere quando offrì suo figlio Isacco sull’altare? 22 Tu vedi che la fede agiva insieme alle sue opere e che per le opere la fede fu resa completa; 23 così fu adempiuta la Scrittura che dice: «Abraamo credette a Dio, e ciò gli fu messo in conto come giustizia»; e fu chiamato amico di Dio.

Questo brano, quando viene letto frettolosamente, crea tanta confusione nella gente. Però, basta leggerlo con cura, nel suo contesto, e possiamo comprenderne la logica.

Giacomo inizia dichiarando che Abraamo fu giustificato per le opere quando offrì suo figlio Isacco sull’altare. Però, Giacomo cita Genesi 15:6. Quel brano, dichiara che Abraamo credette a Dio, e ciò gli fu messo in conto come giustizia. Questo avvenimento accadde molti anni prima della nascita di Isacco. Allora, Giacomo stesso, usando questo versetto, conferma che Abraamo fu giustificato solo per fede. Il senso di questi versetti, perciò, non può essere che Abraamo fu giustificato in base all’opera di offrire Isacco in sacrificio.

Invece, il punto del discorso di Giacomo è che la fede di Abraamo fu manifestata come fede viva per mezzo delle opere che produsse. Cioè, Abraamo fu salvato dal momento in cui credette a Dio, il che avvenne molto presto nella sua vita. Però questa fede si rivelò visibilmente a noi soprattutto quando Egli si dispose ad offrire Isacco come sacrificio. In questo senso fu giustificato per le opere, cioè, non nel senso che le opere siano state il mezzo della sua giustificazione, che aveva già ricevuto anni prima, ma nel senso che esse rendevano evidente la realtà di questa fede. Considerando la fede viva e la fede morta in quanto visibili agli uomini, Abraamo fu giustificato, cioè, la sua fede fu resa visibile tramite le sue opere.

Quando Giacomo dichiara, nel v.22: “Tu vedi che la fede agiva insieme alle sue opere e che per le opere la fede fu resa completa;” la parola originale qui tradotta con “completa” è una forma di “telios”, che vuol dire maturo, come frutta matura.

La fede di Abraamo era genuina già prima che egli offrisse Isacco, però, non era completa. Cioè, Dio aveva stabilito quella prova per dimostrare la realtà della fede di Abraamo. La fede già c’era. Abraamo era già salvato per mezzo della fede.

Un melo è un melo da momento in cui nasce. Non diventa un melo quando produce le mele. Però, sarebbe possibile ingannarsi guardando un albero che sembri un melo, senza esserlo. Oppure, si potrebbero avere dei dubbi guardando un albero che è realmente un melo. Allora, quando arriva il frutto, non cambia quella che già era la realtà. Produrre mele non fa diventare un albero un melo: lo è già. Invece, produrre mele rende evidente il fatto che quello è un melo, cioè, rende chiaro, rende visibile ciò che esso è. Questo è il senso della parola “completa” nel v.22. Le opere rendono completa la fede, cioè, la rendono visibile.

Comprendiamo, perciò, che il discorso di Giacomo riguarda il modo in cui possiamo riconoscere la veracità della nostra fede. Abraamo è un buon esempio a cui dovrebbero guardare quanti pensano che una fede morta valga qualcosa. Una fede viva produrrà frutti nella forma di opere visibili.

Il v.24 dice:

24 Dunque vedete che l’uomo è giustificato per opere, e non per fede soltanto. Giacomo ha già spiegato che la fede soltanto, senza opere, è una fede morta. L’uomo non è giustificato da una fede che non produce opere.

l’esempio di Raab v.25

Poi, Giacomo usa l’esempio di Raab come secondo esempio di come la vera fede produce opere. Leggiamo il v.25

25 E così Raab, la prostituta, non fu anche lei giustificata per le opere quando accolse gli inviati e li fece ripartire per un’altra strada?

Se ricordate la storia, dopo i 40 anni nel deserto, il popolo di Israele era ormai alla frontiera della terra promessa. Dovevano solo attraversare il fiume Giordano. Giosuè aveva mandato delle spie per esplorare la città di Gerico, che si trovava davanti a loro, al di là del fiume. Quando la presenza delle spie nella città fu scoperta, la prostituta Raab dimostrò di avere fede in Dio, nascondendoli e chiedendo loro di salvare la vita di lei e della sua famiglia quando sarebbero ritornati vittoriosi.

Cioè, le opere di Raab, quelle di salvare la vita di queste spie e di chiedere loro la salvezza, mostra una fede nel Dio di questi uomini. Ella, avendo sentito parlare di quello che Dio aveva già fatto per Israele, pose la sua fede in questo Dio. E dimostra questo fatto, scegliendo la protezione di Dio, anziché quella degli idoli della sua religione. La sua fede in Dio era una fede viva, e perciò, produsse frutto. Il frutto nel suo caso era l’aiuto che diede a queste spie.

Allora Giacomo, parlando di Raab, mostra ancora che la vera fede produce frutto. La fede che non trasforma la vita non è una fede viva, è una fede morta. Dio non salva chi ha una fede morta.

l’esempio del corpo v.26

Infine, Giacomo conclude il suo discorso con un altro esempio. Questa volta, egli fa un paragone fra un corpo morto ed un corpo vivo, per mostrare la differenza fra la fede morta e la fede viva.

Leggiamo il v.26

Infatti, come il corpo senza lo spirito è morto, così anche la fede senza le opere è morta.

In questo esempio, Giacomo parla del corpo umano. Qual è la differenza fra una persona vivente, e una persona morta? Consideriamo che, ad esempio, dieci secondi dopo la morte, il corpo è pressoché identico a come era dieci secondi prima, ma non ha la vita. Cioè, pur essendo rimasto identico esteriormente, è del tutto diverso, non ha più la vita. La differenza è che lo spirito di quella persona ha lasciato il corpo.

Allora, come il corpo senza lo spirito è morto, così la fede senza le opere è morta. Cioè, un corpo senza spirito non vale nulla. È morto. Lo si potrebbe anche vestire bene, si potrebbe cercare di farlo sembrare ancora vivo, ma se non c’è lo spirito, non avrà mai vita. Non serve a nulla.

Così è con la fede senza le opere. Quella fede è una fede morta, non autentica. Chi ha una fede che non produce opere, non dovrebbe credere di essere salvato mediante quel tipo di fede.

conclusione

Allora, come dobbiamo applicare la verità di questo brano? Cosa vuole dire a noi?

Prima di tutto, dovremmo esaminare noi stessi. Dovremmo esaminarci per riconoscere se abbiamo il vero frutto della nostra fede. È giusto e necessario vedere le opere prodotte dalla nostra fede. Dovremmo vedere una vita più santa, un cuore più desideroso di Cristo, dovremmo vedere un impegno sempre più forte verso gli altri e verso l’opera di Dio.

Questo è il primo frutto che dovremmo avere dallo studio di questo brano di Giacomo.

Poi, dovremmo tenere queste verità in mente quando parliamo con le persone. Sappiamo che tante persone dicono di credere in Dio e in Gesù Cristo. Questo brano ci aiuta a capire se la fede che dicono di avere è una vera fede o no. Non siamo chiamati a diventare “poliziotti di Dio”, per metterci a decidere noi lo stato spirituale di tutti. Però, conoscendo le Scritture, dovremmo aiutare le persone a valutarsi alla luce delle verità bibliche, affinché non si illudano, se la loro fede non è vivente. Dobbiamo spiegare cosa vuol dire Dio per fede vivente, e mostrare dalla Scrittura la necessità di una fede vivente, che produce sempre opere buone!

Dobbiamo ricordare che le opere buone in sé non sono una garanzia di una fede vivente, in quanto esse si possono fare anche per motivi sbagliati, senza avere la vera fede. Però, non si può avere la vera fede se non ci sono opere buone.

Cioè, si possono avere opere buone senza una fede viva, ma non si può avere una fede viva senza opere buone.

Questo non vuol dire che in ogni istante possiamo vedere sempre delle opere buone. Ma una vita in cui da diverso tempo non ci sono opere buone, è una vita che non mostra di avere la vera fede.

Perciò, impegniamoci come viene detto in Tito 2:14

Egli ha dato sé stesso per noi per riscattarci da ogni iniquità e purificarsi un popolo che gli appartenga, zelante nelle opere buone.

Viviamo zelanti nelle opere buone. Non viviamo per le cose che la vita ci offre, viviamo per compiere opere per il Signore. Questa è la nostra chiamata, e questo è un frutto della vera salvezza.