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Le sofferenze di Cristo: Pasqua 1 - Matteo 26:1-29

filename: pasqua01.doc di Marco deFelice, www.aiutobiblico.org - sermone sulle sofferenze di Cristo, per pasqua, 2003, per RO, 20/4/2003>

La più importante festa nel calendario cristiano è la Pasqua. Per gli Ebrei, la Pasqua è quella festa in cui ricordano la notte in cui stavano per lasciare l’Egitto; in quella notte essi dovevano spargere il sangue di un agnello sugli stipiti delle porte delle loro case, in modo che l’Angelo di Dio non avesse colpito anche loro come colpiva gli Egiziani.

Per i cristiani la Pasqua è il ricordo del Vero Agnello di Dio, Gesù Cristo. Egli fu il sacrificio pasquale per salvare i peccatori, quindi il terzo giorno, cioè domenica, risuscitò dalla morte.

La Pasqua, come festa cristiana, è molto conosciuta, e ciò è giusto perché essa è la festa più importante di tutte. Il cristianesimo, infatti, è fondato sulla morte e la risurrezione di Cristo ma, allo stesso tempo, questa familiarità può facilmente condurci a perdere quel senso di meraviglia che gli avvenimenti della Pasqua dovrebbero darci.

È triste osservare che spesso la gente è incantata da avvenimenti futili, da nuovi macchinari o da altre cose della vita quotidiana e, nello stesso tempo, non prova uguale meraviglia per gli avvenimenti eterni della Pasqua. Che Dio ci aiuti, anche oggi stesso, a capire di più la profondità degli avvenimenti che celebriamo,non solo nel giorno di Pasqua ma nel corso di tutto l’anno.

Per capire la profondità della Pasqua, dobbiamo iniziare a considerare gli avvenimenti antecedenti la Pasqua. Oggi voglio considerare alcuni degli avvenimenti accaduti nei giorni che precedettero la Pasqua, valuterò principalmente la sofferenza di Cristo. In questo sermone non arriveremo alla croce, ma vedremo che c’è ugualmente molto da imparare.

la sofferenza di Cristo durante il suo ministerio

Se ci sembra che la vita sia piena di sofferenze e di afflizioni, ricordiamo che Gesù Cristo conobbe molte sofferenze. Ricordiamo brevemente alcuni esempi delle sofferenze di Cristo durante i tre anni del suo ministerio. Da quando Gesù si manifestò come il Cristo, ossia da quando fu battezzato da Giovanni il Battista, Egli fu odiato e disprezzato.

Per esempio, in Marco 3, leggiamo che la sua famiglia Lo credeva pazzo.

“20 Poi entrò in una casa e la folla si radunò di nuovo, così che egli e i suoi non potevano neppure mangiare. 21 I suoi parenti, udito ciò, vennero per prenderlo, perché dicevano: «È fuori di sé».” (Marco 3:20-21 NRV)

I suoi fratelli, in verità fratellastri, non credevano in Lui fino a dopo la sua risurrezione. Leggiamo questo in Giovanni 7.

“3 Perciò i suoi fratelli gli dissero: «Parti di qua e va’ in Giudea, affinché i tuoi discepoli vedano anch’essi le opere che tu fai. 4 Poiché nessuno agisce in segreto, quando cerca di essere riconosciuto pubblicamente. Se tu fai queste cose, manifèstati al mondo». 5 Poiché neppure i suoi fratelli credevano in lui.” (Giovanni 7:3-5 NRV)

Frequentemente nei Vangeli leggiamo di come Gesù era odiato dai farisei e dai Sadducei, i quali cercavano più volte ad ucciderLo.

Leggiamo anche che Erode, il Governatore di Galilea, voleva ucciderlo.

“31 In quello stesso momento vennero alcuni farisei a dirgli: «Parti, e vattene di qui, perché Erode vuol farti morire». 32 Ed egli disse loro: «Andate a dire a quella volpe: “Ecco, io scaccio i demòni, compio guarigioni oggi e domani, e il terzo giorno avrò terminato”. 33 Ma bisogna che io cammini oggi, domani e dopodomani, perché non può essere che un profeta muoia fuori di Gerusalemme.” (Luca 13:31-33 NRV)

Gesù meritava adorazione e ringraziamento, invece fu odiato e disprezzato. Se mai tu pensi di soffrire ingiustamente, sappi che Gesù è stato trattato molto più ingiustamente di quanto sei stato trattato tu.

Gesù è stato fortemente deluso dai suoi discepoli. Quale sofferenza doveva essere per Lui il fatto di vedere i suoi seguaci comportarsi ancora in modo orgoglioso, nonostante il suo impegno, il suo insegnamento ed il suo esempio perfetto.

Da molto tempo, per esempio, Gesù aveva insegnato ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme per morire. Come in ogni altra cosa, Gesù mostrava se stesso come esempio da imitare. Aveva insegnato più volte che era venuto per servire, non per essere servito, e che essi dovevano imitare il suo comportamento. Consideriamo un episodio che riguarda quando essi erano ancora in Galilea:

“33 Giunsero a Capernaum; quando fu in casa, domandò loro: «Di che discorrevate per strada?» 34 Essi tacevano, perché per via avevano discusso tra di loro chi fosse il più grande. 35 Allora, sedutosi, chiamò i dodici e disse loro: «Se qualcuno vuol essere il primo, sarà l’ultimo di tutti e il servitore di tutti». 36 E preso un bambino, lo mise in mezzo a loro; poi lo prese in braccio e disse loro: 37 «Chiunque riceve uno di questi bambini nel nome mio, riceve me; e chiunque riceve me, non riceve me, ma colui che mi ha mandato».” (Marco 9:33-37 NRV)

Vediamo un altro esempio in cui Gesù insegna ai discepoli questa verità, esso si trova in Matteo 20.

“25 Ma Gesù, chiamatili a sé, disse: «Voi sapete che i prìncipi delle nazioni le signoreggiano e che i grandi le sottomettono al loro dominio. 26 Ma non è così tra di voi: anzi, chiunque vorrà essere grande tra di voi, sarà vostro servitore; 27 e chiunque tra di voi vorrà essere primo, sarà vostro servo; 28 appunto come il Figlio dell’uomo non è venuto per essere servito ma per servire e per dare la sua vita come prezzo di riscatto per molti».” (Matteo 20:25-28 NRV)

Dopo tutto ciò, arrivarono a Gerusalemme. Gesù era sull’orlo della morte, sapeva che doveva soffrire terribilmente entro pochissimo tempo. Allora, la notte prima della croce, si recò con i suoi discepoli in una stanza privata per celebrare la cena della Pasqua con loro. Egli aveva iniziato la sua fase di umiliazione più profonda. Proprio durante quella cena, il cuore di Gesù era angosciato al pensiero di quello che stava per succedere entro poche ore. Egli stava per dare la sua vita come sacrificio per il peccato. Stava per umiliarsi al punto più basso possibile. Il Creatore di tutto si era fatto il Servo più umile. In questo contesto, in Luca 22:19-30 leggiamo quello che è successo

“19 Poi prese del pane, rese grazie e lo ruppe, e lo diede loro dicendo: «Questo è il mio corpo che è dato per voi; fate questo in memoria di me». 20 Allo stesso modo, dopo aver cenato, diede loro il calice dicendo: «Questo calice è il nuovo patto nel mio sangue, che è versato per voi. 21 «Del resto, ecco, la mano di colui che mi tradisce è con me sulla tavola. 22 Perché il Figlio dell’uomo, certo, se ne va, come è stabilito; ma guai a quell’uomo per mezzo del quale egli è tradito!» 23 Ed essi cominciarono a domandarsi gli uni gli altri chi sarebbe mai, tra di loro, a far questo. 24 Fra di loro nacque anche una contesa: chi di essi fosse considerato il più grande. 25 Ma egli disse loro: «I re delle nazioni le signoreggiano, e quelli che le sottomettono al loro dominio sono chiamati benefattori. 26 Ma per voi non dev’essere così; anzi il più grande tra di voi sia come il più piccolo, e chi governa come colui che serve. 27 Perché, chi è più grande, colui che è a tavola oppure colui che serve? Non è forse colui che è a tavola? Ma io sono in mezzo a voi come colui che serve.” (Luca 22:19-27 NRV)

Proprio in quella situazione i discepoli discutevano ancora su chi fra di loro fosse il più grande! Oh amici, quanto profondamente feriva il cuore di Gesù questo loro peccato. È come se tutto l’insegnamento impartito loro dal Signore inerente l’umiltà non fosse servito a nulla.

In ogni caso, anziché considerare negativamente i discepoli, dovremmo chiederci quante volte noi abbiamo peccato, nonostante le numerose volte in cui Dio ci ha fatto capire come avremmo dovuto comportarci. Quante volte il nostro comportamento è stato una causa di tristezza per Cristo!

la sofferenza più grande

Cristo ha sofferto in tanti modi durante il suo ministerio. La sofferenza più profonda, però, è legata agli avvenimenti della croce.

Oggi voglio leggere insieme a voi alcuni avvenimenti relativi ai giorni immediatamente precedenti la crocifissione. Consideriamo soprattutto le terribili sofferenze di Cristo, ricordando che esse facevano male a Gesù nello stesso modo in cui fanno male a noi, con la differenza però che la sua sofferenza era infinitamente peggiore della nostra. Ricordiamo che Gesù, comunque, aveva la potestà di poter evitare la sua sofferenza; Egli scelse, invece, di accettarla per compiere l’opera della salvezza.

Vediamo un esempio di come Gesù accettò la sofferenza, affinché fosse compiuta l’opera della salvezza. Quest’episodio riguarda quando Egli fu arrestato nel Giardino, e Pietro cercò di difenderlo. Notiamo le parole di Gesù:

“51 Ed ecco, uno di quelli che erano con lui, stesa la mano, prese la spada, la sfoderò e, colpito il servo del sommo sacerdote, gli recise l’orecchio. 52 Allora Gesù gli disse: «Riponi la tua spada al suo posto, perché tutti quelli che prendono la spada, periranno di spada. 53 Credi forse che io non potrei pregare il Padre mio che mi manderebbe in questo istante più di dodici legioni d’angeli? 54 Come dunque si adempirebbero le Scritture, secondo le quali bisogna che così avvenga?»” (Matteo 26:51-54 NRV)

Una legione era costituita da circa 6.000 uomini. Gesù stava dicendo, quindi, che se avesse voluto, avrebbe potuto chiamare più di 60.000 angeli, che avrebbero subito distrutto questa folla venuta ad arrestarLo. Gesù avrebbe potuto evitare ogni sua sofferenza, ma non lo fece. accettò volontariamente la sofferenza, perché Egli soffriva per poter salvarci.

il brano

Ora leggiamo in Matteo 26, e consideriamo alcuni degli avvenimenti accaduti appena prima della crocifissione.

“1 Quando Gesù ebbe finito tutti questi discorsi, disse ai suoi discepoli: 2 «Voi sapete che fra due giorni è la Pasqua, e il Figlio dell’uomo sarà consegnato per essere crocifisso». 3 Allora i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo si riunirono nel palazzo del sommo sacerdote che si chiamava Caiafa, 4 e deliberarono di prendere Gesù con inganno e di farlo morire. 5 Ma dicevano: «Non durante la festa, perché non accada qualche tumulto nel popolo».” (Matteo 26:1-5 NRV)

In questo momento Gesù aveva concluso la parte principale di tre anni di insegnamenti. Ora, stava per compiere la salvezza. Stava per caricarsi della condanna per il peccato, presentandosi al Padre come un sacrificio per il peccato, subendo l’ira di Dio.

Mancavano due giorni alla Pasqua. La pasqua era una festa Ebraica stabilita da Dio al tempo dell’Esodo dall’Egitto. Nella notte della prima Pasqua, l’Angelo di Dio stava per colpire ogni casa in Egitto con la morte. Dio comandò ai Giudei di uccidere un agnello senza difetto per ogni casa in cui si trovavano, e di spargere il sangue da quel agnello sugli stipiti della casa. Così l’Angelo, vedendo il sangue, sarebbe passato oltre quella casa. Quel agnello sarebbe morte al posto delle persone di quella casa.

Quell’agnello era un Tipo, un simbolo, del Cristo che doveva venire per essere il vero sacrificio per il peccato. Gesù era l’Antitipo, ovvero l’adempimento, la verità che il Tipo rappresentava. Gesù era il vero Agnello.

Infatti, Giovanni il Battista disse questo di Gesù, quando il Cristo venne da lui per essere battezzato:

“Il giorno seguente, Giovanni vide Gesù che veniva verso di lui e disse: «Ecco l’Agnello di Dio, che toglie il peccato del mondo!” (Giovanni 1:29 NRV)

Gesù è venuto nel mondo per togliere il peccato, e per fare questo, doveva morire sulla croce. Ora, con i discepoli, due giorni prima della Pasqua, si avvicinava il tempo di compiere la sua missione. Gesù conosceva perfettamente tutto quello che Gli stava per accadere. Quando noi soffriamo, non sappiamo con certezza come si svilupperanno gli avvenimenti. Solitamente, speriamo che in qualche modo le situazioni possano andare meglio di quanto ci appare. Invece Gesù sapeva in dettaglio ogni sofferenza che stava per subire. Perciò l’angoscia del suo cuore, in quei giorni, era molto più grande di quanto potrebbe essere quella di qualsiasi altra persona.

Gesù sapeva che stava per essere consegnato per essere crocifisso. All’inizio sarebbe stato consegnato da Giuda al Sinedrio, poi dal Sinedrio a Pilato ed infine da Pilato ai soldati Romani. Egli sapeva che stava per essere schernito, flagellato, e crocifisso.

Questi versetti ci informano che i capi dei Giudei non volevano farlo morire durante la festa, ovvero durante la Pasqua e la festa religiosa che la seguiva, perché sapevano che Gesù era molto apprezzato dalla gente e avevano timore di creare agitazione nelle folle. In ogni caso, la Pasqua fu stabilita da Dio proprio come giorno in cui Gesù doveva morire sulla croce, quindi così doveva essere. Sappiamo che nonostante il piano del Sinedrio di aspettare la conclusione della festa, Gesù controllò gli avvenimenti in modo che sarebbe morto al momento divinamente stabilito. Essendo sovrano, Gesù aveva il pieno controllo di ogni dettaglio relativo alla sua morte.

a casa di Simone

Ora, leggiamo dal vv.6 al 13.

“6 Mentre Gesù era a Betania, in casa di Simone il lebbroso, 7 venne a lui una donna che aveva un vaso di alabastro pieno d’olio profumato di gran valore e lo versò sul capo di lui che stava a tavola. 8 Veduto ciò, i discepoli si indignarono e dissero: «Perché questo spreco? 9 Quest’olio si sarebbe potuto vendere caro e dare il denaro ai poveri». 10 Ma Gesù se ne accorse e disse loro: «Perché date noia a questa donna? Ha fatto una buona azione verso di me. 11 Perché i poveri li avete sempre con voi, ma me non mi avete sempre. 12 Versando quest’olio sul mio corpo, lo ha fatto in vista della mia sepoltura. 13 In verità vi dico che in tutto il mondo, dovunque sarà predicato questo vangelo, anche ciò che ella ha fatto sarà raccontato in memoria di lei».” (Matteo 26:6-13 NRV)

Dio guidò gli avvenimenti in modo che questa donna sarebbe venuta da Gesù per ungerlo con un olio molto costoso, come preparazione della sua morte e della sua sepoltura. La donna che lo fede fu Maria, sorella di Marta e di Lazzaro. Impariamo dal Vangelo di Marco che quest’olio era Nardo, esso aveva un valore equivalente circa ad un anno di stipendio medio. Questo Nardo era così concentrato che il suo profumo sarebbe rimasto su Gesù per vari giorni. In questo modo Gesù fu unto per la sua sepoltura, questo era un segno di onore e di amore per Gesù da parte di Maria.

Aggiungo solo un commento, anche se questo avvenimento meriterebbe tante riflessioni: nessun sacrificio fatto per Cristo è troppo grande. Egli merita il nostro tutto. Questa donna amava Gesù come suo Signore e suo Messia. Lei sapeva che Gesù era degno del meglio che si potesse dare. Oh, che noi possiamo seguire l’esempio di lei, dando il nostro meglio a Cristo, giorno per giorno, nel breve tempo che abbiamo sulla terra prima della morte e dell’eternità.

Vv. 14-16 Giuda decide di tradire Gesù

Ora, andiamo avanti, e leggiamo dal vv.14 a 16.

“14 Allora uno dei dodici, che si chiamava Giuda Iscariota, andò dai capi dei sacerdoti, 15 e disse loro: «Che cosa siete disposti a darmi, se io ve lo consegno?» Ed essi gli fissarono trenta sicli d’argento. 16 Da quell’ora cercava il momento opportuno per consegnarlo.” (Matteo 26:14-16 NRV)

Fra le varie sofferenze di Cristo, c’è la terribile afflizione di essere stato tradito da uno dei suoi discepoli.

Ci sono poche cose che feriscono più dell’essere tradito da qualcuno che ti è vicino, da qualcuno in cui avevi posto tutta la tua fiducia. Il dolore di essere tradito è un dolore molto profondo.

Quasi tre anni prima, Gesù aveva conferito a Giuda l’enorme privilegio ed onore di essere stato scelto come uno dei dodici apostoli. Gesù aveva sempre amato e curato Giuda, come faceva con gli altri apostoli. Giuda godeva delle benedizioni che solo Gesù poteva dare. Giuda conosceva bene l’amore di Dio, perché Gesù aveva amato i discepoli fino alla fine.

“Or prima della festa di Pasqua, Gesù, sapendo che era venuta per lui l’ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine.” (Giovanni 13:1 NRV)

Gesù aveva vissuto per il suoi discepoli, e ora stava per morire per loro. Incredibilmente uno dei suoi discepoli, uno della cerchia più intima di Gesù, stava tradendo Gesù.

Più stretto è un rapporto, più sofferenza c’è da un tradimento. Consideriamo allora il rapporto fra Gesù e i suoi discepoli. Il rapporto fra Cristo edd i suoi discepoli era molto più intenso e più stretto di qualsiasi amicizia normale. In un’amicizia normale, ognuno ha la sua vita, e ci si vede magari ogni giorno, per qualche ora. Invece, Gesù aveva convissuto giorno e notte con i suoi discepoli per tre anni. Non solo avevano condiviso la vita quotidiana, ma avevano condiviso un’opera di ministerio che aveva un’importanza eterna. Avevano vissuto insieme grandi battaglie spirituali contro le forze delle tenebre. Avevano assistito Gesù mentre Egli compiva grande miracoli. Successivamente gli Apostoli sono andati, a due a due, ad evangelizzare; e avevano anche loro potuto compiere miracoli nel nome di Gesù. Quindi, il rapporto fra Gesù e i suoi apostoli era molto più profondo di qualsiasi amicizia nel mondo. Essere tradito da uno dei dodici apostoli, quindi, era molto più grave e più doloroso di qualsiasi tradimento fra amici normali. Era una sofferenza terribile per Gesù. Eppure essa faceva parte del piano di Dio, perché Gesù è stato tentato in ogni cosa. Qualsiasi sia l’afflizione che dobbiamo passare, Gesù l’ha passata per primo, e ci comprende pienamente.

Vv.17-25 l’ultima cena

Ora, leggiamo dell’ultima cena, nei vv.17-25.

“17 Il primo giorno degli azzimi, i discepoli si avvicinarono a Gesù e gli dissero: «Dove vuoi che ti prepariamo la cena pasquale?» 18 Egli disse: «Andate in città dal tale e ditegli: “Il Maestro dice: Il mio tempo è vicino; farò la Pasqua da te, con i miei discepoli”». 19 E i discepoli fecero come Gesù aveva loro ordinato e prepararono la Pasqua.

In Marco, apprendiamo un altro dettaglio:

“Egli mandò due dei suoi discepoli e disse loro: «Andate in città, e vi verrà incontro un uomo che porta una brocca d’acqua; seguitelo;” (Marco 14:13 NRV)

Gesù non aveva detto il nome dell’uomo che li avrebbe ospitati, probabilmente per evitare che Giuda potesse avvisare il Sinedrio. Questo fu fatto perché non era nel piano di Gesù di essere arrestato nella città. Perciò, Gesù, che avreva il pieno cintrollo dei minimi dettagli, fece in modo che quando i due discepoli sarebbero entrati nella città, avrebbero visto un uomo portare una brocca d’acqua, lavoro che solitamente faceano solo le donne. Gesù aveva il pieno controllo dei dettagli di ogni cosa, come ha il controllo dei dettagli della nostra vita.

Continuiamo il brano dal v.20.

20 Quando fu sera, si mise a tavola con i dodici discepoli. 21 Mentre mangiavano, disse: «In verità vi dico: Uno di voi mi tradirà». 22 Ed essi, profondamente rattristati, cominciarono a dirgli uno dopo l’altro: «Sono forse io, Signore?» 23 Ma egli rispose: «Colui che ha messo con me la mano nel piatto, quello mi tradirà. 24 Certo, il Figlio dell’uomo se ne va, come è scritto di lui; ma guai a quell’uomo dal quale il Figlio dell’uomo è tradito! Meglio sarebbe per quell’uomo se non fosse mai nato». 25 E Giuda, il traditore, prese a dire: «Sono forse io, Maestro?» E Gesù a lui: «Lo hai detto».” (Matteo 26:17-25 NRV)

Quella sera, Gesù si trovava da solo con i dodici apostoli in quella stanza a Gerusalemme. Stava celebrando la Pasqua, la cena che era un Tipo della morte di Gesù per il peccato. Quando Gesù mangiava l’agnello, sapeva che EGLI stesso era il vero Agnello, che toglie il peccato del mondo.

Mentre erano a tavola, Gesù dichiaro, sicuramente con grande emozione: «In verità vi dico: Uno di voi mi tradirà». 22 Ed essi, profondamente rattristati, cominciarono a dirgli uno dopo l’altro: «Sono forse io, Signore?» 23 Ma egli rispose: «Colui che ha messo con me la mano nel piatto, quello mi tradirà. 24 Certo, il Figlio dell’uomo se ne va, come è scritto di lui; ma guai a quell’uomo dal quale il Figlio dell’uomo è tradito! Meglio sarebbe per quell’uomo se non fosse mai nato». 25 E Giuda, il traditore, prese a dire: «Sono forse io, Maestro?» E Gesù a lui: «Lo hai detto».”

Gesù aveva già annunciato, ripetutamente, ai discepoli che sarebbe stato consegnato ai capi dei Giudei, maltrattato, e poi crocifisso, e infine che sarebbe risuscitato. Ora, annuncia ad essi che sarà tradito da uno di loro. Il fatto di dare a loro tutti questi avvertimenti serviva per fortificare la loro fede. Il fatto di poter ricordare, dopo gli avvenimenti, che Gesù aveva preannunciato tutto, avrebbe fortificato grandemente la loro fede. Gesù non permetteva che le prove fossero oltre le loro forze. Gesù è il Buon Pastore, che cura i suoi, fino alla fine.

Fermiamoci a pensare alla tristezza di Cristo di dover annunciare che sarebbe tradito da uno dei suoi discepoli, proprio colui che ha condiviso il piatto con lui. Anche qua, rendiamoci conto che sapendo tutto, Gesù avrebbe potuto evitare di essere arrestato, avrebbe potuto nascondersi in un luogo che Giuda non conosceva. Era proprio il suo piano, però, quello di andare alla croce. Egli scelse, quindi, di non evitare la via della sofferenza. Più che evitare la sofferenza, Gesù voleva compiere la salvezza. Voleva il nostro bene eterno, più del proprio bene temporale. Voleva compiere la volontà del Padre, più di quanto voleva evitare la sofferenza. Che esempio per noi!

vv.26-29 la cena del Signore

Continuiamo il brano, e leggiamo della Cena del Signore.

“26 Mentre mangiavano, Gesù prese del pane e, dopo aver detto la benedizione, lo ruppe e lo diede ai suoi discepoli dicendo: «Prendete, mangiate, questo è il mio corpo». 27 Poi, preso un calice e rese grazie, lo diede loro, dicendo: «Bevetene tutti, 28 perché questo è il mio sangue, il sangue del patto, il quale è sparso per molti per il perdono dei peccati. 29 Vi dico che da ora in poi non berrò più di questo frutto della vigna, fino al giorno che lo berrò nuovo con voi nel regno del Padre mio».” (Matteo 26:26-29 NRV)

Durante quella cena, Gesù istituì la il cerimoniale della cena del Signore. Egli stesso diede il pane e il vino ai suoi discepoli, quella prima volta, il pane che rappresentava il suo corpo, il vino che rappresentava il suo sangue. Egli sapeva che nel giro di poche ore, avrebbe adempiuto la realtà sottintesa dai simboli del pane e del vino.

Noi siamo molto abituati a questi simboli, al punto che è facile non pensare profondamente al loro significato. Che Dio ci aiuti a capire sempre di più le verità racchiuse in questi simboli. Consideriamo le verità in questi versetti.

Egli prese del pane, e diede la benedizione. Egli aveva il potere di dare una benedizione, noi possiamo chiedere la benedizione da Dio, nel nome di Cristo.

Poi, ruppe il pane. Il pane rappresenta il corpo di Gesù, dato per noi. Il corpo di Cristo è stato rotto per noi. La schiena di Cristo fu lacerata dalla verga, la sua testa forata dalla corona di spine, la sua faccia ferita dalle percosse dei soldati, le sue mani e i suoi piedi forati dai chiodi. Quindi, come il pane fu rotto, così anche Cristo fu rotto. Nonostante questo, nessun osso suo fu rotto. Ma la sua pelle e la sua carne, sì!

Cristo fu rotto, perché noi abbiamo infranto la legge di Dio, si potrebbe dire che abbiamo spezzato la legge con i nostri peccati. Il patto di Dio era stato infranto. Ora, il corpo di Cristo doveva essere rotto, per riconciliare l’uomo con Dio.

Cristo ruppe il pane, e lo diede ai suoi discepoli. Lui preparò tutto per loro. Egli ha preparato tutto per noi. La salvezza è un’opera compiuta da Cristo. Noi dobbiamo accettare dalla sua mano quello che ci offre. Ci offre se stesso.

Adesso consideriamo solo un punto. È estremamente ovvio che Cristo non stava offrendo letteralmente il suo corpo a loro, in quanto Egli era là davanti a loro. Il pane era solo un simbolo del suo corpo, per ricordare il suo sacrificio.

Dopo di questo, Egli rese grazie per il calice, e poi lo diede a loro da bere. Questo calice rappresentava il suo sangue, come spiega lui, il sangue del nuovo patto. Il NRV omette la parola nuova, ma la maggioranza di manoscritti Greci ha “nuovo”. Era un nuovo patto.

Il sangue di Cristo è il fondamento del nuovo patto, il patto che ci dà accesso a Dio, il patto per il quale i nostri peccati sono perdonati, il patto che ci fa figli di Dio, e ci dà la vita eterna. Senza questo patto, saremmo senza speranza. Sarebbe impossibile ottenere la salvezza. Invece, per mezzo di questo patto, siamo eternamente benedetti.

Il sangue del vecchio patto, il patto fatto tramite Mosè al monte Sinai, era il sangue di tori e capri. Invece il sangue del Nuovo Patto è il sangue di Cristo, sparso una volta per sempre.

Il sangue di Cristo è stato sparso per molti, infatti, è stato sparso per tutti coloro che saranno salvati. L’unica salvezza è per mezzo del sacrificio di Cristo, e quindi, Cristo è morto per tutti coloro che Dio salverà.

Il sangue di Cristo provvede il perdono dei peccati. Questo è la verità centrale della croce di Cristo. La morte di Cristo sulla croce, il suo sangue sparso, è la base, l’unica base, del perdono dei peccati. Non c’è perdono senza spargimento di sangue, e con il sacrificio di Cristo, non serve altro sacrificio, come leggiamo in Ebrei

“Secondo la legge, quasi ogni cosa è purificata con sangue; e, senza spargimento di sangue, non c’è perdono.” (Ebrei 9:22 NRV)
“12 Gesù, dopo aver offerto un unico sacrificio per i peccati, e per sempre, si è seduto alla destra di Dio, 13 e aspetta soltanto che i suoi nemici siano posti come sgabello dei suoi piedi. 14 Infatti con un’unica offerta egli ha reso perfetti per sempre quelli che sono santificati. 15 Anche lo Spirito Santo ce ne rende testimonianza. Infatti, dopo aver detto: 16 «Questo è il patto che farò con loro dopo quei giorni, dice il Signore, metterò le mie leggi nei loro cuori e le scriverò nelle loro menti», egli aggiunge: 17 «Non mi ricorderò più dei loro peccati e delle loro iniquità». 18 Ora, dove c’è perdono di queste cose, non c’è più bisogno di offerta per il peccato.” (Ebrei 10:12-18 NRV)

Con il sacrificio di Cristo Gesù, e il nuovo patto inaugurato con il suo sangue, non c’è più bisogno di alcun altra offerta per il peccato. La sua morte è stato il prezzo intero. Il patto fatto con il suo sangue è un patto perfetto, che offre libero accesso a Dio per chi ne fa parte.

Bere il vino rappresenta, simbolicamente, veramente credere nella morte di Cristo, e nel patto nuovo stabilito con il suo sacrificio. Bere il vino, nel senso intenso da Cristo, vuol dire porre la propria fede totalmente nell’opera di Cristo.

Noi prendiamo il pane e il vino, e spero che riflettiamo molto, molto seriamente sul quello che rappresenta. Il sangue di Gesù è stato sparso per i NOSTRI peccati. Il sangue di Cristo ci fa partecipare nel nuovo patto con Dio.

il significato per Gesù

Ora, per quanto è possibile, cerchiamo di pensare a quello chesignificava quella cena per Gesù. Quando Gesù dava il pane ai discepoli, sapeva della sofferenza terribile che avrebbe subito nel suo corpo e che sarebbe iniziata fra pochissime ore. Quando dava a loro il calice del vino, sapeva che avrebbe versato il suo sangue la mattina dopo, subendo la morte per espiare i loro peccati. Sapeva che l’unico modo di inaugurare il nuovo patto era mediante della sua morte. Quindi, quello che è solo un simbolo per i discepoli, come lo è per noi, rappresentava una realtà per Cristo. Per loro, e per noi, la cena serve per ricordare la sua morte. Per Cristo, era una realtà che stava per vivere.

Oh che Dio possa aiutarci a capire meglio la sofferenza di Cristo, e quindi l’amore di Cristo, mentre distribuiva il pane ed il calice ai suoi discepoli, sapendo quello che rappresentavano. Infatti, possiamo capire l’immensità dell’amore di Cristo solamente in base a quanto riusciamo a capire l’immensità della sofferenza di Cristo.

Davanti a Cristo c’era la morte in croce, una morte fisica tremenda. Però, la cosa infinitamente peggiore era che Egli sapeva di dover subire l’ira di Dio a causa del peccato di cui si sarebbe caricato.

Gesù sapeva che non avrebbe più bevuto del frutto della vigna, finché non ritornerà sulla terra per regnare durante il regno del millennio. Sapeva di dover passare per la valle della morte. Sapeva che fra poche ore, avrebbe lasciato i suoi discepoli per attraversare da solo la morte, per pagare la condanna per i loro peccati.

Amici, Cristo non è morto solamente per i loro peccati, è morto anche per i nostri. Le sofferenze di Cristo, e abbiamo solo considerato brevemente alcune, relative ai giorni prima dalla croce, erano terribili, più di quanto è possibile per un essere umano di capire pienamente. Tutta la sua sofferenza, però, era necessaria, perchè il peccato è qualcosa di terribile agli occhi di un Dio santo. Nulla meno della morte di Cristo avrebbe potuto pagare il debito per i nostri peccati.

Però, grazie a Dio, Cristo, con la sua morte, ha pagato pienamente il prezzo del peccato. Dio accettò il suo sacrificio. La risurrezione di Cristo il terzo giorno, esattamente come fu profetizzato, è la prova che Dio accettò il suo sacrificio. Quello che noi chiamiamo la Pasqua è il giorno della risurrezione di Cristo. La Pasqua degli Ebrei, è il giorno in cui Gesù morì sulla croce. In realtà, non dobbiamo mai separare la risurrezione dalla croce. La croce è stato il prezzo della nostra salvezza, la risurrezione è il mezzo per cui siamo giustificati.

“23 Or non per lui soltanto sta scritto che questo gli fu messo in conto come giustizia, 24 ma anche per noi, ai quali sarà pure messo in conto; per noi che crediamo in colui che ha risuscitato dai morti Gesù, nostro Signore, 25 il quale è stato dato a causa delle nostre offese ed è stato risuscitato per la nostra giustificazione.” (Romani 4:23-25 NRV)

conclusione

Oggi, celebriamo la Pasqua. Celebriamo la risurrezione di Gesù. Grazie a Dio, Cristo è risorto. Egli è il nostro Signore vivente. Però, mentre celebriamo la sua risurrezione, non dimentichiamo la sua sofferenza, che Egli accettò volentieri, per poter salvarci.

Meditiamo, in questi giorni, sull’amore di Cristo, che vediamo nelle sofferenze di Cristo.