Aiuto Biblico

Storia 41: La punizione per aver dubitato Dio
Numeri 13 e 14

Questa storia (41) è una traduzione dal libro: The Bible Story Told to our Children, di John Vreugdenhil, che racconta la Bibbia in forma di storie per bambini, da Genesi ad Apocalisse, Volume 1.
Questa storia viene da www.aiutobiblico.org.

“Eccoli che arrivano! Finalmente!”

“Dove sono?”

“Guarda laggiù! Tutti e dodici stanno venendo da questa parte!”

Questa notizia sfrecciò come una lingua di fuoco attraverso il campo degli Israeliti. Tutti gli uomini, le donne e i bambini uscirono dalle loro tende. Quasi nessuno si trattenne all’interno e ci volle poco prima che tutta l’area brulicasse di gente che allungava il collo, fremente di impazienza e di curiosità.

Con calma e a passo moderato dodici uomini si stavano avvicinando da lontano. Chi sono questi uomini? Da dove vengono? Dove sono stati?

Ascoltate e ve lo dirò. I figli d’Israele adesso sono giunti in prossimità dei confini con la terra di Canaan e il vasto, arido deserto si trova oramai alle loro spalle. Il viaggio era stato difficile, molti pericoli avevano minacciato i viaggiatori, ma il Signore li aveva protetti ad ogni passo e li aveva condotti in salvo a Cades-Barnea. A volte succede ad una nave, di accostarsi al porto magari dopo giorni e settimane di navigazione nell’oceano ove magari aveva incontrato violente tempeste ma ora è in porto; è al sicuro lì.

E così ora è per i figli d’Israele. Sono pronti ad entrare nella terra di Canaan di cui tanto hanno sentito parlare. I loro progenitori Abramo, Isacco e Giacobbe vi avevano soggiornato ma questi non l’avevano mai vista poiché quasi tutti erano nati in Egitto dove avevano vissuto in aspra schiavitù. E ora, oh, sono così curiosi. Com’è la nuova terra? Quelli che vi abitano ora dovranno esser cacciati.

Ma sono in tanti gli abitanti? E le città, sono grandi e fortificate? Ah, quante domande sorgono dalle loro menti e non hanno risposta per alcuna, così corrono da Mosè ed Aaronne.

“Potremmo mandare qualcuno dei nostri uomini a dare un’occhiata?” chiedono. “Possono osservare la terra e dopo insegnarci la via.”

Mosè è d’accordo e anche il Signore concede il Suo assenso e Mosè dunque sceglie dodici uomini, uno per ognuna delle tribù e, intenzionalmente, Mosè fa cadere la scelta sul migliore di ogni tribù, ed ora devono prepararsi a partire. È una missione pericolosa perché devono svolgere le loro esplorazioni in quella che è terra di nemici con grande segretezza, quindi sono praticamente delle spie. Il popolo è preoccupato e pensa, basta che i Canaanei non facciano loro del male, basta che non siano catturati, basta che non vengano uccisi, quindi tentennano ma Mosè rivolge loro parole di incoraggiamento.

“Andate,” egli dice, “scrutate il terreno per vedere se si tratta di terra buona o cattiva. Andate da una parte della terra all’altra, da sud a nord e da est a ovest. Siate saldi e non abbiate paura. Non temete poiché il Signore può aver cura di voi, proteggervi.”

E così ecco che partono. Scalano i monti mentre migliaia, dal basso, li guardano e fanno cenni di saluto e poi spariscono dalla loro vista. Gli Israeliti tornano alle loro tende e l’unica cosa che possono fare è …aspettare. Avranno pregato quei dodici uomini? Non lo sappiamo. Beh, probabilmente alcuni lo fecero ma non la maggior parte.

Lentamente, passarono una settimana… poi due … poi tre. Giorno dopo giorno li cercano con gli occhi e ormai sono trascorse quattro …cinque settimane da quando sono partiti. Ci vuole tanto tempo. Se almeno qualche disastro non li avesse sopraffatti. Se almeno non fossero stati uccisi. Gli Israeliti sono molto apprensivi.

Ma alla fine, dopo quaranta giorni si sente un grido: “Stanno arrivando!” Non c’è da meravigliarsi che li intorno tutta la terra pulluli di gente. Eccoli giunti e subito diversi si fanno loro incontro: “Allora, com’è la terra? …che aspetto ha? è fertile? …e i Cananei sono forti?..ce ne sono tanti che vivono lì?…” Si pongono tante domande.

Oh guarda quell’enorme grappolo d’uva! Hanno portato un grappolo d’uva tanto grande che ci vogliono due uomini per reggerlo appeso ad un bastone. Altri hanno portato fichi e pomigrani. Ma a quelle domande gli uomini non rispondono, proseguono in silenzio e si avvicinano a Mosè ed Aaronne e anche gli altri si avvicinano, formando un vasto cerchio attorno a loro, spingendosi e affollandosi da ogni parte per sentire meglio. Alcuni si arrampicano persino sulle loro tende. I viaggiatori hanno l’aria mesta e non sembrano affatto felici.

“Ora raccontateci,” chiede Mosè, “com’è andato il viaggio e cosa avete visto?”

Risuona la risposta: “È una buona terra, una terra fertile, vi basti guardare i frutti che vi abbiamo portato. Non abbiamo mai visto grappoli d’uva come questi. È veramente un paese ove scorrono latte e miele.”

Poi tacciono per un momento e intorno è silenzio totale.

Tutti ascoltano con il fiato sospeso.

Ascoltate voi ora, mentre continua il racconto: “Ma il popolo che vi abita e fatto di gente eccezionalmente forte. Hanno costruito città circondate da mura spesse e robuste, città tanto fortificate che sarebbe impossibile abbatterle. E in più gli abitanti sono insolitamente alti, sono giganti.”

Tacciono ancora, lo sguardo fisso nel vuoto, e scuotono la testa mentre la gente li scruta.

Per un momento il raduno è pervaso da un silenzio di tomba ma poi se sente un borbottio; sono gli Israeliti che parlano di quello che hanno udito e anche loro hanno l’aria affitta.

“Se è così allora non entreremo mai a Canaan,” si dicono.

Un altro grida: “Che brutto affare! Ora siamo qui ma adesso cosa possiamo fare?”

La gente mormora e si lamenta; sembra un brusio di voci che si rincorrono tra loro. Stanno lì, in gruppetti, e discutono la situazione in cui si trovano. Improvvisamente si leva un voce squillante e chiara: “Popolo, fate silenzio! Ascoltatemi!”

È la voce di uno delle dodici spie e ha il diritto di parlare perché faceva parte della spedizione. Si chiama Caleb.

Tutti zittiscono e il mormorio cessa. Tutti ascoltano.

“Uomini,” continua Caleb, “è vero, è un paese fortificato, le mura delle città sono alte e massicce e veramente vi abitano dei giganti ma noi sapremo sconfiggerli e conquistarli perché … il Signore ce lo ha promesso e Dio è più potente che tutti i Cananei messi assieme. O uomini, abbiate fede in Dio, Egli ci farà occupare quella terra da vincitori. I Cananei saranno piegati dalle nostre forze e di questo non dovete avere dubbio.”

Per un po’ il popolo tace.

Un’altra delle spie ora dice le stesse cose, perché anche lui aveva fatto parte della spedizione. Egli è Giosuè, lo stesso che era stato il loro comandante quando avevano sconfitto gli Amalechiti e anche lui afferma che Dio è Onnipotente; ma le altre dieci spie scuotono il capo.

“Gente,” dicono, “non dovete credere quello che vi dicono Caleb e Giosuè che vi presentano il caso con troppa faciloneria. È impossibile conquistare quelle fortissime città, è un paese troppo possente, non riusciremo mai a sopraffare i Cananei.”

Questi dieci non credono che Dio possa e voglia aiutarli, che lo farà, credono che i Cananei siano più potenti di Dio. Non è una cosa terribile?

La gente guarda Caleb, poi Giosuè e poi le altre dieci spie – poi nuovamente Caleb e Giosuè. Per un po’ c’è silenzio ma presto ricomincia il pianto e le lamentele.

“Oh non avremmo mai dovuto lasciare l’Egitto, adesso saremo tutti uccisi dai Cananei e le nostre mogli e i nostri figli moriranno tutti nel deserto. Fossimo rimasti in Egitto! Fossimo morti in Egitto! Perché il Signore ci ha condotti qui?”

Avete sentito, bambini? Danno la colpa al Signore. Sono ingrati, non è vero? Cosa ne è stato di tutti i miracoli che sono avvenuti per loro, quali le dieci piaghe d’Egitto, il passaggio attraverso il Mar Rosso, la manna, l’acqua dalla roccia, le quaglie? Ahimé, non pensano più a queste cose.

“Sapete cosa dobbiamo fare?” si dicono. “Dovremmo scegliere un altro capo e tornare in Egitto.”

Tra loro ci sono Aaronne e Mosè che si strappano le vesti e sono spaventati dalla malvagità di quelle genti, temono l’ira di Dio.

Giosuè e Caleb si spingono avanti tra il popolo e gridano: “Uomini, perché non la smettete? Non morirete in questo deserto né voi né le vostre mogli e i vostri figli. Entreremo nella terra di Canaan, Dio ce lo ha promesso e quello che il Signore promette, sicuramente avverrà.”

Ma gli Israeliti non prestano orecchio e si infuriano, sono arrabbiati con Giosuè e con Caleb e anche con Mosè e Aaronne.

“Non vi permetteremo più di ingannarci,” urlano. “Non raggiungeremo mai quel paese e se non la smettete vi linceremo.”

Stringono i pugni, alcuni già si chinano a raccogliere dei sassi pronti a lanciarli contro Giosuè e Caleb. Sono perduti. Chi mai li libererà? La loro vita è appesa ad un filo sottile.

Improvvisamente una luce squarcia le nubi, una luce accecante, ed appare la gloria di Dio. È il Signore che vuole che sappiano che Lui è ancora presente.

Gli Israeliti sono spaventati e immediatamente si acquietano in silenzio, lasciando cadere dalle mani i sassi che avevo raccolto per scagliarli contro Mosè, Aaronne, Giosue e Caleb.

Il Signore parla a Mosè dicendogli: “Fino a quando questa gente mi provocherà? Perché non confidano nella mia grande potenza? Non ho forse compiuto abbastanza miracoli per loro? Adesso la mia pazienza si è esaurita e li colpirò con terribili malattie, pestilenze. Li diserederò, ma farò di te una più grande e più possente nazione.”

Mosè cade in ginocchio e prega: “O Signore, non lo fare; gli Egizi lo verranno a sapere, rideranno di noi e diranno ‘Ecco, poiché il Dio degli Israeliti non è riuscito a condurli nella terra di Canaan li ha fatti morire nel deserto’. O Signore, così crederanno che gli dei Cananei sono più forti e potenti di Te. Che farai dunque nel tuo grande nome?”.

E la preghiera fu accolta.

“Va bene.” disse il Signore, “non li ucciderò tutti subito ma non potranno entrare nel paese di Canaan. Prima non volevano andarci e adesso non possono. Tutti gli uomini e anche le donne che hanno più di ventenni moriranno in questo deserto. I vostri figli entreranno nella terra di Canaan ma non voi.”

E ora guardate! Le dieci spie che non avevano creduto che il Signore li avrebbe aiutati, cadono al suolo, morti. Questo è il castigo di Dio perché non avevano creduto. Giosuè e Caleb, anche loro spie che avevano fatto il viaggio con gli altri non caddero morti; no, rimasero in vita e si, solo a loro fu permesso di entrare nel paese di Canaan e la ragione di ciò era che questi due uomini avevano creduto che Dio li avrebbe aiutati. Il Signore benedisse Caleb e Giosuè.

Nel sentire questo terribile giudizio, gli Israeliti se ne dispiacciono; ma non perché hanno peccato, oh no, pensano solo che sia un gran male il non poter entrare nel paese di Canaan.

Ecco che il Signore comanda esclamando: “Tornate indietro!”

Ed essi debbono ritornare nel deserto dove vagheranno per quarant’anni, sino a quando tutti gli uomini e le donne che al quel tempo avevano più di vent’anni non morissero.

Agli Israeliti questa sembra una cosa tremenda! Non vi è qualcosa che possono fare? Lo sapete voi cosa? Tutti assieme vanno da Mosè.

“Ci andremo,” gli dicono, “ci andremo e combatteremo. Abbiamo sbagliato ma ripareremo il malfatto.”

“No,” rispose Mosè, “non potete farlo, il Signore non vi aiuterà. Datemi ascolto, non fatelo perché non vi gioverà affatto e sarete sconfitti.”

Ma non gli diedero ascolto e la mattina seguente cominciarono ad tentare l'ascesa della montagna così, ancora una volta, si dimostrano disubbidienti. Il Signore aveva loro comandato di tornare indietro e invece loro vanno avanti.

Però tutto è inutile; purtroppo sono sconfitti e muoiono a centinaia per mano dei Cananei.

Sì, adesso se ne rendono conto; non possono andare avanti e debbono tornare indietro, che gli piaccia o no. Vedete? Marciano inoltrandosi sempre più nel deserto. Che triste cosa, non vi pare? Erano tanto vicini a Canaan, che era la terra promessa a loro, e non potevano entrarvi. Sì, è cosa veramente triste, ma è stata tutta colpa loro e sono stati puniti per la loro mancanza di fede.

Ma, bambini e bambine che mi ascoltate, ci è anche stato insegnato che dobbiamo lasciare da parte il peccato e ricevere un cuore nuovo, che dobbiamo essere convertiti. Se non ubbidiamo, se non crediamo, avverrà esattamente la stessa cosa che è avvenuta agli Israeliti e non entreremo mai nella terra promessa celeste, che è il cielo, ma periremo nel luogo arido e sterile e questo significa che saremo perduti, per sempre. Sarà quella la punizione per la nostra mancanza di fede e anche noi ce ne pentiremo, ma sarà troppo tardi. Cercate il Signore mentre Lo si potete ancora trovare. CercateLo ora.