Aiuto Biblico

La schiavitù del peccato e la liberazione

Romani 7

sermone di Marco deFelice, www.Aiutobiblico.org per domenica, 26 luglio 2020, – cmd es –
Descrizione: Cosa serve la legge di Dio? Paolo spiega la sua condizione prima della salvezza.
parole chiavi: salvezza, legge di Dio, schiavo del peccato

Audio:

Vediamo il valore di Cristo in base a quanto vediamo la schiavitù del peccato, e quanto era impossibile per noi di liberarci da soli. Più comprendiamo la nostra condizione prima della salvezza, più possiamo capire l’infinito valore di Gesù Cristo come il nostro Signore e Salvatore.

Stiamo considerando le verità della salvezza, che Dio ci rivela nell'Epistola ai Romani, scritto dall'apostolo Paolo. Oggi, siamo arrivati al capitolo 7. Per capire correttamente questo capitolo, è fondamentale capire e tenere in mente quello che Paolo ha detto finora, soprattutto il capitolo 6.

In capitolo 6, Dio ci comanda in modo molto chiaro che non dobbiamo più rimanere nel peccato, perché per mezzo di Gesù Cristo, siamo morti al peccato. Cioè, quando Dio ci salva, lo Spirito Santo ci battezza nella morte di Gesù Cristo. Il nostro vecchio uomo muore con Cristo, e nasciamo di nuovo. Prima di morire con Cristo, eravamo schiavi del peccato. Ora, essendo morti con Cristo, siamo liberati dalla schiavitù del peccato. Troviamo questa verità ripetutamente nel capitolo 6. Per esempio, leggo Romani 6:6.

6 sapendo questo: che il nostro vecchio uomo è stato crocifisso con lui, perché il corpo del peccato possa essere annullato, affinché noi non serviamo più al peccato. (Romani 6:6).

Non dobbiamo più servire al peccato. Prima, eravamo schiavi del peccato, ora, siamo liberati dal peccato.

Romani 6:7 dichiara categoricamente che siamo liberi dal peccato. Ve lo leggo.

7 Infatti colui che è morto è libero dal peccato. (Romani 6:7).

Grazie a Dio, siamo liberi dal peccato. Non siamo più schiavi del peccato. È fondamentale capire questo per capire correttamente capitolo 7.

Romani 6:11-14 rende ancora più chiaro che non dobbiamo servire più al peccato. Siamo stati liberati dal suo potere. Leggo questi versetti.

11 Così anche voi consideratevi morti al peccato, ma viventi a Dio, in Cristo Gesù, nostro Signore. 12 Non regni quindi il peccato nel vostro corpo mortale, per ubbidirgli nelle sue concupiscenze. 13 Non prestate le vostre membra al peccato come strumenti di ingiustizia, ma presentate voi stessi a Dio, come dei morti fatti viventi, e le vostre membra a Dio come strumenti di giustizia. 14 Infatti il peccato non avrà più potere su di voi, poiché non siete sotto la legge, ma sotto la grazia. (Romani 6:11-14)

Grazie a Dio, non siamo più schiavi del peccato. Questo è così importante capire che Paolo lo dichiara ancora nei versetti 17,18.

17 Ora sia ringraziato Dio, perché eravate schiavi del peccato, ma avete ubbidito di cuore a quel modello di dottrina che vi è stato trasmesso. 18 E, essendo stati liberati dal peccato, siete stati fatti schiavi della giustizia. (Romani 6:17,18)

Ancora nei versetti 20 a 22 Paolo dichiara che eravamo schiavi del peccato, ma siamo stati liberati dal peccato. Tenete questa verità in mente mentre consideriamo Romani 7. Eravamo schiavi del peccato, ma ora siamo stati liberati dal peccato. Leggo Romani 6:20-22.

20 Perché, quando eravate schiavi del peccato, eravate liberi in rapporto alla giustizia. 21 Quale frutto, dunque, avevate allora dalle cose delle quali ora vi vergognate? Poiché la fine di quelle cose è la morte. 22 Ora invece, essendo stati liberati dal peccato e fatti schiavi di Dio, voi avete per vostro frutto la santificazione e per fine la vita eterna; (Romani 6:20-22).

Grazie a Dio, eravamo schiavi del peccato, ma poi, Dio ci ha salvato, battezzandoci nella morte di Gesù Cristo, e ora, siamo liberati dal peccato, in modo che possiamo servire Dio. Non siamo più schiavi del peccato. Ora possiamo e dobbiamo vivere una vita portando frutto alla gloria di Dio.

Tenendo questo in mente, iniziamo a considerare Romani 7. Ricordate che in capitolo 6, Paolo dichiara che non siamo più sotto la legge. Eravamo sotto la legge e schiavi del peccato. Ora, non siamo più sotto la legge, né siamo schiavi del peccato.

Nel capitolo 7, Paolo spiega come Dio usa la legge per portare una persona a vedere il proprio peccato, in modo da poter vedere Cristo. Prima di tutto spiega il ruolo della legge, e poi, racconta come era successo a lui. Ricordate che aveva già detto che se siamo in Cristo non siamo più sotto la legge. Però, quale era lo scopo della legge prima di avere Cristo? Seguite mentre leggo Romani 7:1-4.

“1 Ignorate, fratelli (perché parlo a persone che hanno conoscenza della legge), che la legge ha potere sull’uomo per tutto il tempo che egli vive? 2 Infatti una donna sposata è per legge legata al marito finché egli vive, ma se il marito muore, ella è sciolta dalla legge del marito. 3 Perciò, se mentre vive il marito ella diventa moglie di un altro uomo, sarà chiamata adultera; ma quando il marito muore, ella è libera da quella legge, per cui non è adultera se diventa moglie di un altro uomo. 4 Così dunque, fratelli miei, anche voi siete morti alla legge mediante il corpo di Cristo per appartenere ad un altro, che è risuscitato dai morti, affinché portiamo frutto a Dio.” (Romani 7:1-4 LND)

Prima di tutto, è importante capire che il punto di Paolo qua non è di insegnare del matrimonio. Ci sono altri brani che spiegano di più del matrimonio. Il punto qua è di farci capire che mentre vivevamo nel peccato, eravamo sotto la legge. Ora che siamo morti con Cristo, siamo morti alla legge, e adesso, anziché appartenere alla legge, apparteniamo a Gesù Cristo. E oggi, essendo in Gesù Cristo, possiamo portare frutto a Dio.

È importante capire che è stata la nostra morte con Cristo che ci ha liberati dalla legge. Ed è fondamentale che comprendiamo che adesso, possiamo e dobbiamo portare frutto a Dio.

Nell'esempio, quando un marito muore, la moglie è assolutamente libera da lui. Quando noi siamo morti con Cristo, veniamo assolutamente liberati dalla legge. Non dobbiamo più cercare di arrivare a Dio per mezzo della legge, perché morendo con Cristo, siamo stati riconciliati con Dio per mezzo di Cristo. E così ora possiamo camminare in ubbidienza e portare frutto a Dio.

Nei versetti 5 e 6, Paolo spiega un dunque a questo. Seguite mentre li leggo.

5 Infatti, mentre eravamo nella carne, le passioni peccaminose che erano mosse dalla legge operavano nelle nostre membra, portando frutti per la morte, 6 ma ora siamo stati sciolti dalla legge, essendo morti a ciò che ci teneva soggetti, affinché serviamo in novità di spirito e non nel vecchio sistema della lettera.” (Romani 7:5-6 LND)

Notate che prima di avere Cristo, mentre eravamo nella carne, quando le nostre passioni peccaminose, spinte dalla legge, producevano in noi frutti peccaminosi, ci portavano alla morte.

Essendo stati morti con Cristo, ora siamo stati sciolti dalla legge, e non siamo più soggetti alla legge. Adesso, serviamo Dio in novità di spirito. Non siamo più sotto la legge. Serviamo Dio, sì, ma non come sotto la legge.

Lo scopo della legge/il comandamento

A questo punto, sorge una domanda. Visto che eravamo schiavi del peccato mentre eravamo sotto la legge, la legge è peccato? Paolo porge la domanda, e ci dà la risposta. La legge serve per mostrarci il nostro peccato. Leggo i versetti 7, 8 e la prima parte del versetto 9..

“7 Che diremo dunque? Che la legge è peccato? Così non sia; anzi io non avrei conosciuto il peccato, se non mediante la legge; infatti io non avrei conosciuta la concupiscenza, se la legge non avesse detto: "Non concupire". 8 Il peccato invece, colta l’occasione, per mezzo di questo comandamento, ha prodotto in me ogni concupiscenza, 9 perché senza la legge, il peccato è morto.” (Romani 7:7-8 LND)

Visto che per mezzo della legge, qua chiamato comandamento, viene prodotto in noi il peccato, in qualche modo la legge è peccato? La risposta: “così non sia”, è quella frase molto forte che Paolo usa ripetutamente, che potremmo tradurre anche come: assolutamente no! La legge non è peccato, piuttosto, la legge è lo strumento che Dio usa per farci vedere il nostro peccato. Infatti, molto del nostro peccato non lo vedremo senza la legge.

Paolo usa l'esempio della sua concupiscenza. Quando Paolo dice che non avrebbe conosciuto la concupiscenza, non vuol dire che non aveva concupiscenza. Vuol dire che non sapeva di avere la concupiscenza. Non vedeva il suo peccato. Quando invece ha conosciuto il comandamento di non concupire, allora, il suo peccato ha prodotto in lui molta concupiscenza.

In altre parole, la sua concupiscenza è diventata visibile a lui.

Quando dice che il peccato è morto senza la legge, non sta dicendo che non esisteva, ma vuol dire che la persona stessa non vede il proprio peccato. Pensava di camminare bene. Serviva la legge per fargli vedere quanto il peccato era attivo in lui.

Quindi: la legge non crea il peccato, la legge rivela il peccato. In quel senso, fa vivere il peccato. Senza la legge, la persona nemmeno vede il proprio peccato. In quel modo il peccato è morto.

Andando avanti con il resto del versetto 9, fino a 12, Paolo spiega come la legge ha reso visibile il suo peccato, al punto che sembrava di farlo vivere. La legge ha rivelato a Paolo che lui era spiritualmente morto. Cioè, prima di conoscere la legge, Paolo credeva di vivere, ma quando è venuto alla legge, ha visto il suo peccato, e lui si riconosceva morto.

Leggo di questo nei versetti 9-12.

“9 perché senza la legge, il peccato è morto. Ci fu un tempo in cui io vivevo senza la legge, ma essendo venuto il comandamento, il peccato prese vita ed io morii, 10 e trovai che proprio il comandamento, che è in funzione della vita, risultò esser motivo di morte. 11 Infatti il peccato, colta l’occasione per mezzo del comandamento, mi ingannò e mediante quello mi uccise. 12 Così, la legge è santa, e il comandamento santo, giusto e buono.” (Romani 7:9-12 LND)

Il punto di Paolo qua è che quando era senza Cristo, era la legge che gli ha fatto vedere il suo peccato, riconoscendo di essere spiritualmente morto. Attenzione: la legge non ha mai creato il peccato, ma ha rivelato il suo peccato. E perciò, la legge è santa, il comandamento di Dio è Santo, è giusto, ed è buono. È lo strumento principale che Dio usa per mostrare all'uomo peccatore il suo peccato e che è spiritualmente morto, in modo che può vedere il suo bisogno di un Salvatore.

Di nuovo, Paolo sa che ci saranno coloro che vedono la legge come un male. Loro pensano che sia stata la legge che ha creato la morte in loro. Nel versetto 13, Paolo corregge questo modo sbagliato di pensare. Lo leggo.

“13 Ciò che è buono è dunque diventato morte per me? Così non sia; anzi, è il peccato che mi è diventato morte, affinché appaia come peccato, causandomi la morte per mezzo di ciò che è buono, affinché il peccato divenisse estremamente peccaminoso per mezzo del comandamento.” (Romani 7:13 LND)

La legge non era quello che ha fatto morire Paolo. Era il suo peccato che ha causato la sua morte spirituale. Così, il peccato appaia come peccato. La legge è buona, e rende chiaro quanto il peccato è estremamente peccaminoso. Quindi, quando siamo sotto la legge, quando Dio ci giudica in base alla nostra ubbidienza alla legge, è impossibile per noi di arrivare alla salvezza. Siamo spiritualmente morti per conto nostro.

Paolo, prima della salvezza (presente storico)

A questo punto, Paolo racconta quella che era la sua esperienza, nel periodo prima della sua salvezza.

Per capire correttamente quello che Paolo ci racconta, ricordiamo bene quello che abbiamo visto finora in capitolo 6 e capitolo 7. Abbiamo visto che prima della salvezza, eravamo schiavi del nostro peccato. Eravamo morti nel nostro peccato, ma non lo sapevamo. Poi, ad un certo punto, Dio ci ha fatto vedere il nostro peccato tramite la legge. O leggendo la Bibbia, o ascoltando qualcuno che ci parlava, abbiamo capito che siamo colpevoli di essere andati contro tanti comandamenti di Dio. La legge ci ha fatto vedere la nostra condizione, e così, ci ha fatto vedere quanto eravamo peccatori. Tramite la legge, abbiamo visto che eravamo spiritualmente morti. Per quanto abbiamo cercato di fare del bene, era impossibile. Eravamo schiavi del peccato, ed era impossibile per noi di liberarci.

In capitolo 6 abbiamo visto che quando Dio ci ha salvato, ci ha battezzato nella morte di Gesù Cristo, in modo che siamo morti con Cristo. In quell'atto, siamo stati liberati dalla schiavitù del peccato. Mentre prima era impossibile vivere per Dio, adesso, possiamo e dobbiamo vivere per Dio. Non dobbiamo più lasciare il peccato regnare su di noi, perché per mezzo della nostra morte con Cristo siamo stati liberati dal peccato.

A questo punto in questo capitolo, Paolo racconta la sua condizione quando la legge lo aveva illuminato, facendogli vedere il suo peccato, prima ancora di avere visto Gesù Cristo. Quello che Paolo descrive nei prossimi versetti non può essere Paolo come credente, perché dichiara di essere schiavo del peccato, mentre prima aveva dichiarato più volte che non siamo più schiavi del peccato. Inoltre, in questi versetti dichiara che non può fare il bene, mentre nei versetti che abbiamo letto in capitolo 6 dichiara che possiamo e dobbiamo fare il bene. Quindi, quello che Paolo ha appena spiegato a livello dottrinale, adesso, spiega descrivendo la sua esperienza quando Dio gli ha fatto vedere la sua condizione spirituale. Usa il presente, perché in greco si può usare il presente per descrivere una situazione passata quando quella situazione è molto forte. Si chiama questo un presente storico.

Perciò, iniziando con il versetto 14, ascoltiamo la testimonianza di Paolo di come Dio gli ha mostrato il suo bisogno di Gesù Cristo come Salvatore. Leggo i versetti 14-17.

“14 Infatti noi sappiamo che la legge è spirituale, ma io sono carnale, venduto al peccato. 15 Poiché non capisco quel che faccio, perché non faccio ciò che voglio, ma faccio ciò che odio. 16 Ora, se faccio ciò che non voglio, confermo che la legge è buona. 17 Quindi non sono più io a farlo, ma è il peccato che abita in me.” (Romani 7:14-17 LND)

In questi versetti, stiamo ascoltando la disperazione di un uomo a cui Dio ha rivelato la sua vera condizione spirituale. Riconosce di essere venduto al peccato, ovvero, schiavo del peccato. Riconosce che per quanto vorrebbe ubbidire a Dio, non riesce.

Questo non vuol dire che uno senza Dio non può fare alcun bene. Ma vuol dire che non può fare il bene che vorrebbe con il cuore giusto. In quella condizione, Paolo riconosce che la legge di Dio è buona, ma che lui è controllato dal suo peccato che abita in lui.

Questa è una chiara descrizione della schiavitù del peccato. Infatti, come dichiara Paolo qui, essendo schiavo del peccato, fa quello che odia. E non può farne a meno.

Prima che lo Spirito Santo apre gli occhi di una persona, è comunque schiavo del suo peccato, ma spesso, non lo sa. Ma quando Dio opera in una persona, e gli apre gli occhi per vedere la legge di Dio, vede la propria condizione. Riconosce di essere schiavo del suo peccato, di fare quello che odia, e di non poter farne a meno. Questo era la condizione di Paolo quando Dio gli ha aperto gli occhi prima della salvezza.

Senza la nuova nascita, possiamo desiderare profondamente di camminare nella luce, seguendo la legge di Dio. Infatti, questa era la volontà di Paolo, egli voleva fare il bene. E questa è la volontà di chiunque, quando Dio tocca il suo cuore. C'è la volontà di fare il bene, ma non c'è il modo di compierlo. In altre parole, è impossibile fare il vero bene finché siamo schiavi del peccato. Leggo il versetto 18.

“18 Infatti io so che in me, cioè nella mia carne, non abita alcun bene, poiché ben si trova in me la volontà di fare il bene, ma io non trovo il modo di compierlo.” (Romani 7:18 LND)

Il fatto che Paolo dichiara che non può compiere il bene che vorrebbe fare, che non c’è il modo di compierlo, dimostra chiaramente che Paolo sta descrivendo se stesso quando non era ancora salvato.

Cioè, Paolo sta descrivendo la sua condizione come schiavo. In capitolo 6 aveva dichiarato che questa è la condizione da cui siamo liberati quando siamo salvati. Ascoltiamo mentre Paolo va avanti e descrive quanto è terribile la sua condizione prima di avere il perdono e la nuova vita in Gesù Cristo. Leggo i versetti 19-23.

“19 Infatti il bene che io voglio, non lo faccio; ma il male che non voglio, quello faccio. 20 Ora, se io faccio ciò che non voglio, non sono più io che lo faccio, ma è il peccato che abita in me. 21 Io scopro dunque questa legge: che volendo fare il bene, in me è presente il male. 22 Infatti io mi diletto nella legge di Dio secondo l’uomo interiore, 23 ma vedo un’altra legge nelle mie membra, che combatte contro la legge della mia mente e che mi rende schiavo della legge del peccato che è nelle mie membra.” (Romani 7:19-23 LND)

Come dicevo, quando uno è nel peccato, prima che Dio apre i suoi occhi, spesso non sa nemmeno di essere schiavo del peccato. Spesso non vuole fare il bene. Ma quando Dio inizia la sua opera nella vita di una persona, quella persona vede che la legge di Dio è buona, vede che seguire i comandamenti di Dio è la cosa più bella e meravigliosa che ci possa essere. Però, vede anche che non riesce a seguire la legge di Dio. Vede che desidera tanto seguire Dio, ma non può, perché è controllato dal peccato che abita in lui.

Una persona in questa condizione ha grande diletto della legge di Dio, ma è schiavo della legge del peccato, e non può seguire Dio.

Questa è la condizione di ogni persona che Dio attira alla salvezza. Quando Dio opera in una persona, quella persona riconosce il suo peccato, riconosce che è schiavo al suo peccato, e diventa miserabile, vorrebbe vivere per Dio, ma riconosce che non può, perché il peccato lo controlla. Questo è come Paolo descrive se stesso in questo racconto.

In quella condizione, quando Dio sta veramente operando in una persona per portarla alla salvezza, quella persona è miserabile. Finalmente, riconosce che non può salvare se stesso. Riconosce che ha bisogno di un salvatore. Prima cercava di migliorare. A questo punto, vuole sapere se c'è chi può liberarlo dal suo corpo di morte. Leggo il grido di aiuto di Paolo che troviamo nel versetto 24. Ogni persona che Dio salva grida questo, in qualche forma, prima della salvezza. Leggo.

“24 O miserabile uomo che sono! Chi mi libererà da questo corpo di morte?” (Romani 7:24 LND)

La salvezza arriva solo quando Dio opera in una persona al punto che riconosce la sua vera condizione. Finché una persona non capisce che è schiavo del peccato, finché non capisce che è colpevole davanti a Dio, e finché non capisce che ha disperatamente bisogno di un salvatore, non cercherà la salvezza in Gesù Cristo. Ma quando Dio opera in una persona, come ha operato in Paolo, quella persona capisce che ha bisogno di un salvatore. Ed è a questo punto che Dio apre gli occhi di quella persona per far vedere che quel Salvatore è Gesù Cristo.

Nel versetto 25, come Paolo fa spesso, interrompe il suo argomento per dare Gloria a Dio. Poi, ritorna a quello che stava dicendo. Perciò, mentre leggo il versetto 25, tenete conto che la prima cosa che Paolo dichiara è una parentesi, ringraziando Dio per mezzo di Gesù Cristo, il nostro Signore. Poi, finisce il versetto descrivendo la sua condizione prima della salvezza. Leggo di nuovo il versetto 24, e poi 25.

“24 O miserabile uomo che sono! Chi mi libererà da questo corpo di morte? 25 Io rendo grazie a Dio per mezzo di Gesù Cristo, nostro Signore. Io stesso, dunque, con la mente servo la legge di Dio, ma con la carne la legge del peccato.” (Romani 7:24,25 LND)

Senza Cristo, la nostra condizione è miserabile. Siamo schiavi del peccato. Quando Dio ci apre gli occhi per farci vedere questo, riconosciamo che siamo miserabili. Riconosciamo che non possiamo liberare noi stessi. In quella condizione, con la mente seguiamo la legge di Dio, ovvero è quello che vogliamo. Ma siamo schiavi del nostro peccato, e perciò serviamo la legge del peccato. Questa è la condizione di ogni persona che Dio salva. Arriva a riconoscere di essere schiavo del peccato, arriva a riconoscere che ha bisogno di un salvatore.

Paolo, avendo già spiegato che siamo stati liberati dal peccato, interrompe il suo discorso per rendere grazie a Dio per mezzo di Gesù Cristo, nostro Signore. Paolo sa che la liberazione dal peccato e il libero accesso a Dio è solamente per mezzo di Gesù Cristo, il nostro Signore, e il nostro Salvatore. Lui parlerà di quella liberazione nel capitolo 8.

Riassunto

Grazie a Dio per questo capitolo, perché ci aiuta a capire quanto grave era la nostra condizione senza Cristo. Senza Cristo, eravamo schiavi del peccato. Senza Cristo, anche volendo camminare secondo la buona legge di Dio, non eravamo capaci. Infatti, la legge non ci ha portato alla salvezza, piuttosto ci ha porta a Cristo, mostrandoci il nostro peccato, in modo che potevamo riconoscere il nostro bisogno di Gesù Cristo, l’unico Salvatore.

Quindi, tramite la legge di Dio vediamo il nostro peccato, e vediamo che siamo morti spiritualmente. Tramite la legge di Dio vediamo la nostra miserabile condizione.

La legge non è un male, è un bene, perché è tramite la legge di Dio che vediamo Cristo come meraviglioso Salvatore.

Oh che possiamo riconoscere sempre di più quanto era grave la nostra condizione. Così, possiamo capire di più quanto è grande la nostra salvezza in Gesù Cristo.

Con il suo sacrificio per noi sulla croce, Gesù ha reso possibile quello che era impossibile.

Ricordiamo, spesso, la nostra condizione senza Cristo, per poter gioire oggi in Cristo.

E se tu NON hai Gesù Cristo, prego che Dio ti aprirà gli occhi a vedere la tua condizione spirituale, in modo che potrai avere in Gesù Cristo il perdono di cui hai grande bisogno.

Amen.