Aiuto Biblico

Favoritismi personali; Fede: viva o morta?

Giacomo 2

Sermone di Marco deFelice, www.AiutoBiblico.org per mercoledì, 21 novembre 2018, – cmd es –
Descrizione: il peccato di favoritismi personali, la fede viva in contrasto con la fede morta
Parole chiavi: fede morta, fede e opere, favoritismi personali, peccato, frutto della salvezza

Audio:

Quello che fai, lo fai con motivazioni pure, oppure, fai una cosa buona ma con cuore egoista?

Possiamo sembrare una cosa all'esterno, ma in realtà non essere così. Questo è vero per quanto riguarda quel che facciamo, è anche vero per quanto riguarda la nostra fede. La fede in sé non è visibile. Quindi, uno può dire di avere fede senza avere una vera fede. Però, quello che è visibile è il frutto che la vera fede produce. Infatti, esiste una vera fede, che sempre produce frutto, nella forma di opere, ed esiste anche una fede morta, che non produce vere opere.

In questo studio, vogliamo considerare insieme l'Epistola di Giacomo, capitolo 2. In questo capitolo, Giacomo mostra prima di tutto le opere che facciamo che sono fatte non in base ad una vera fede in Dio, ma per motivi egoisti. Poi, Giacomo parla del contrasto fra la fede viva e la fede morta. Entrambi di questi discorsi sono estremamente importanti per noi. Quindi, trovate con me Giacomo 2. Seguite mentre leggo il v. 1.

Favoritismi personali

In questo versetto, Giacomo inizia il suo primo discorso, che è di valutare la motivazione per cui facciamo le cose, per evitare il peccato di avere favoritismi personali.

È un gravissimo peccato avere favoritismi personali nella fede del nostro Signore Gesù Cristo. Leggiamo questo versetto, e poi, consideriamo questo argomento importante.

“1 Fratelli miei, non abbiate favoritismi personali nella fede del nostro Signore Gesù Cristo, il Signore della gloria.” (Giacomo 2:1 LND)

Effettivamente, questo è un comandamento di non avere favoritismi personali nelle nostre scelte di come trattiamo le persone. In altre parole, non dovremmo trattare le persone diversamente per lo scopo di ottenere qualcosa per noi.

Allora, prima di considerare questo, è importante capire quello che non è. Questo non vuol dire che non puoi avere un rapporto più stretto con uno che con un altro. Per esempio, Gesù Cristo aveva 12 apostoli. È molto evidente che trattava tre di loro, Pietro, Giovanni, e Giacomo, diversamente da come trattava gli altri nove. Poi, è anche chiaro che Gesù aveva un amore speciale per Giovanni. Nell’Evangelo di Giovanni, ben sei volte Giovanni viene descritto come l'apostolo che Gesù amava. Quindi, usando l'esempio di Gesù stesso, che non ha mai peccato, si può avere un rapporto più stretto con uno che con un altro. Vediamo che l'apostolo Paolo chiamava Timoteo il suo vero figlio nella fede, titolo che non troviamo nei confronti di altri. Quindi, teniamo bene in mente che quando parliamo del fatto che Dio ci comanda a non avere favoritismi personali, non è un divieto di avere un rapporto più stretto con uno che con gli altri.

Piuttosto, riguarda non è il rapporto che abbiamo in sé, ma come trattiamo gli altri. Infatti, se pensiamo a Gesù con Giovanni, quando la madre di Giovanni chiese un ruolo più importante per Giovanni e il suo fratello Giacomo, Gesù non esaudiva la sua richiesta, nonostante che Giovanni era l'apostolo che Gesù amava. Quindi, per quanto riguarda il rapporto Gesù era più stretto con Giovanni che con gli altri.

Quindi, non avere favoritismi personali vuol dire non trattare le persone diversamente per motivi egoisti. Nel nostro cammino spirituale, ovvero nella nostra fede del nostro Signore Gesù Cristo, dobbiamo evitare favoritismi personali. Dobbiamo evitare di agire carnalmente nei nostri rapporti con gli altri.

Come troviamo spesso nelle epistole, sia questa di Giacomo, come anche quelli di Paolo, prima di tutto troviamo un comandamento, e poi, delle spiegazioni di quel comandamento. E quindi, qui nel versetto 1 troviamo il comandamento, e adesso, nei versetti che seguono, troviamo una spiegazione di questo comandamento. Leggete con me mentre leggo i versetti 2-4.

“2 Se nella vostra assemblea, infatti, entra un uomo con un anello d’oro, vestito splendidamente, ed entra anche un povero con un vestito sporco, 3 e voi avete un particolare riguardo a colui che porta la veste splendida e gli dite: "Tu siediti qui in un bel posto," e al povero dite: "Tu stattene là in piedi", oppure: "Siediti qui sotto, vicino al sgabello dei miei piedi", 4 non avete fatto una discriminazione fra voi stessi, divenendo così giudici dai ragionamenti malvagi?” (Giacomo 2:2-4 LND)

In questo esempio, si tratta di un incontro nella chiesa. Entrano due persone nuove, il primo è un uomo visibilmente benestante, ricco. L'altro è palesemente povero. Giacomo presenta questa scena, ed è chiaro che si trattasse il ricco con più premura e onore di quanto si trattasse il povero. Questo è fare una discriminazione con ragionamenti malvagi. Cioè, in questo esempio non si conosce questi due uomini. Quello che si può recepire dal loro modo di vestirsi e l'ornamento è che uno è ricco e l'altro è povero. Allora, se, in base a quella differenza, si tratta il ricco con più onore o più premura, se in qualche modo si tratti il ricco il modo migliore da come si tratta il povero, questo viene da un ragionamento malvagio. Questo è un grave peccato davanti a Dio.

La domanda qui è perché si tratta il ricco con onore e l'altro no? Il motivo non è onestamente per onorare il ricco, il motivo è nella speranza di ricevere qualcosa dal ricco. Cioè, ciò che spinge un comportamento così e che si vede nel ricco qualcuno da cui si spera di ricevere qualcosa, qualcosa dal mondo, mentre guardando il povero si valuta che da lui non c'è da ricevere.

Già questo dimostra un cuore malvagio, un cuore che ama le cose del mondo. Vi leggo 1 Giovanni 2:15-17, in cui troviamo un comandamento e una spiegazione di questo peccato.

“15 Non amate il mondo, né le cose che sono nel mondo. Se uno ama il mondo, l'amore del Padre non è in lui, 16 perché tutto ciò che è nel mondo, la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita, non è dal Padre, ma è dal mondo. 17 E il mondo passa con la sua concupiscenza; ma chi fa la volontà di Dio rimane in eterno.” (1 Giovanni 2:15-17 LND)

La motivazione per trattare l'uomo ricco con più onore è perché si spera in qualche modo di avere qualche beneficio da lui, mentre si giudica nel cuore che il povero non ha nulla da dare delle cose del mondo. Questo rivela un cuore che ama le cose del mondo, ed è un grave peccato. In realtà, questo rivela più peccati nel cuore. Prima di tutto, rivela un cuore che ama le cose del mondo, che è molto grave, perché vuol dire che l'amore del padre non è in quel cuore. Secondo, è il peccato di non amare il povero, mentre il secondo comandamento è di amare il nostro prossimo come noi stessi.

Quindi, questo comportamento rivela gravissimi peccati nel cuore, e non dovrebbe assolutamente fa parte della vita di qualunque credente.

La stoltezza di questo peccato

Come ogni peccato, questo peccato è stolto. Nei versetti 5 a 7, Giacomo dimostra perché questo peccato è così stolto. Leggo i vv. 5-7.

“5 Ascoltate, fratelli miei carissimi, non ha Dio scelto i poveri del mondo, perché siano ricchi in fede ed eredi del regno, che egli ha promesso a coloro che lo amano? 6 Ma voi avete disonorato il povero! Non sono forse i ricchi quelli che vi tiranneggiano e vi trascinano davanti ai tribunali? 7 Non sono essi quelli che bestemmiano il buon nome che è stato invocato su di voi?” (Giacomo 2:6-7 LND)

Prima di tutto, è importante che in questo brano, parliamo di cose in generale, e non di ogni persona. In sé, il fatto di essere povero non rende uno più spirituale, come il fatto di essere ricco in sé non vuol dire che la persona non può essere spirituale. Questo brano parla in senso generale.

In generale, tanti di coloro che sono ricchi hanno peccato per arrivare alla loro ricchezza. Questo non vuol dire che i poveri non hanno peccato, solo che spesso per quanto riguarda soldi arrivare ad essere ricco richiede un cuore che ci tiene ad essere ricco.

In 1 Corinzi 1:17 a 31, Paolo spiega che Dio ha scelto le cose povere e disprezzate al mondo per manifestare più della sua gloria. Vi leggo una parte di quel brano, vi leggo 1 Corinzi 1:26-29.

“26 Riguardate infatti la vostra vocazione, fratelli, poiché non ci sono tra di voi molti savi secondo la carne, non molti potenti, non molti nobili, 27 ma Dio ha scelto le cose stolte del mondo per svergognare le savie; e Dio ha scelto le cose deboli del mondo per svergognare le forti; 28 e Dio ha scelto le cose ignobili del mondo e le cose spregevoli e le cose che non sono per ridurre al niente quelle che sono, 29 affinché nessuna carne si glori alla sua presenza.” (1 Corinzi 1:26-29 LND)

Dio salva sia ricchi e poveri, e sempre per grazia e mai per merito, ma tende a salvare più i poveri, per mostrare la sua gloria in quelli che agli occhi del mondo non hanno da offrire. I poveri che Dio salva sono ricchi in fede ed eredi del regno, e perciò, perché cercare di onorare un ricco che non si sa neanche se sia salvato, quando si può onorare uno che è un erede del regno di Dio?

Giacomo dichiara il peccato di aver disonorato il povero. Questo è sempre un grave peccato, sia che quel povero è un figlio di Dio o non è un figlio di Dio. Ogni essere umano è stato creato nell'immagine di Dio, perciò, disprezzare un'altra persona è sempre un grave peccato.

Poi Giacomo parla del fatto che spesso sono i ricchi che creavano problemi per i credenti. Quindi, è terribile stoltezza, disprezzare o disonorare un povero, che è un peccato contro Dio, e poi, dare onore ad un ricco che appartiene ad una classe che disprezzano Dio. Questo dimostra quanto è stolto questo peccato e quanto è grave.

Giacomo continua il suo argomento, mostrando come questo peccato ci rende trasgressori dalla legge di Dio. Leggo i versetti 8,9.

“8 Se veramente adempite la legge regale secondo la Scrittura: "Ama il tuo prossimo come te stesso", fate bene; 9 ma se usate favoritismi personali, commettete peccato e siete condannati dalla legge come trasgressori.” (Giacomo 2:8-9 LND)

Qua, Giacomo rende ancora più chiara la gravità di questo peccato. La legge regale, il fatto di amare il tuo prossimo come te stesso, è proprio il contrario di quello di usare i favoritismi personali. Quindi, avere favoritismi personali vuol dire peccare contro il secondo più grande comandamento che Dio ci dà. Perciò, se noi usiamo favoritismi personali, siamo trasgressori dalla legge di Dio. Siamo gravemente nel peccato davanti a Dio.

Com’è l'amore di Dio nei nostri confronti? È un amore non per amici, non per coloro che facevano il bene, ma per coloro che prima erano nemici di Dio. E così noi dobbiamo avere amore che rispecchia l'amore di Dio per noi. Favoritismi personali è non amare, non è amare coloro che disonoriamo, e non è veramente amare nemmeno la persona che trattiamo con premura, perché non è veramente per lui ma è per noi.

Prego che possiamo esaminare noi stessi, per riconoscere se in qualche rapporto abbiamo questo peccato di avere favoritismi personali. Dobbiamo esaminare il nostro cuore per capire per quale motivo facciamo quello che facciamo.

Giacomo continua, né versetti 10 e 11, per aiutarci a capire che mancare in questo punto della legge è veramente grave, come è trascurare qualunque punto della legge. Seguite mentre leggo i versetti 10 e 11.

“10 Chiunque infatti osserva tutta la legge, ma viene meno in un sol punto, è colpevole su tutti i punti. 11 Infatti colui che ha detto: "Non commettere adulterio", ha anche detto: "Non uccidere". Per cui se tu non commetti adulterio ma uccidi, sei trasgressore della legge.” (Giacomo 2:10-11 LND)

Spesso, tendiamo a voler giustificarci, pensando a tutti i peccati che NON facciamo. Quando sentiamo parlare di peccati in altri, e restiamo scandalizzati, non stiamo riconoscendo quanto OGNI peccato è grave. Vediamo i peccati degli altri come peggio dei nostri.

Ma OGNI peccato ci rende colpevoli davanti a Dio. Ogni peccato è grave. Quanto è importante che riconosciamo i nostri peccati.

Qualunque peccato che tu commetti ti rende un trasgressore della legge. Certamente, forse pecchi meno di un altro, ma non importa, se hai peccato, sei un trasgressore della legge, hai bisogno del perdono che viene solamente tramite il sacrificio di Gesù Cristo. E quindi, prego che ognuno di noi vedrà come gravissimo ogni suo peccato. E se vediamo la gravità di ogni nostro peccato, allora, possiamo vedere quanto è meraviglioso Gesù Cristo, il salvatore!

Leggo ora i versetti 12 e 13.

“12 Parlate quindi e agite come se doveste essere giudicati dalla legge della libertà, 13 perché il giudizio sarà senza misericordia contro chi non ha usato misericordia; e la misericordia trionfa sul giudizio.” (Giacomo 2:12-13 LND)

Questo passo ci avverte ad agire con quel timore giusto, sapendo che saremo giudicati. Se noi riconosciamo che ogni nostro peccato ci fa un trasgressore della legge, allora, quando parliamo dei peccati degli altri, parleremo con timore di Dio, sapendo che anche noi pecchiamo, e che possiamo cadere ancora di più. Avremo misericordia, riconoscendo quanto spesso noi pecchiamo, e quanto dipendiamo noi dalla misericordia di Dio.

Se noi non abbiamo misericordia, Dio non avrà misericordia con noi, perché dimostra che noi non abbiamo visto la realtà dei nostri peccati. O che possiamo camminare davanti a Dio umilmente, e così avere pazienza gli uni con gli altri.

Fede vivo e fede morta

Adesso, arriviamo ad un brano estremamente importante, il discorso della fede viva e la fede morta. In questo brano, Giacomo fa un confronto fra due tipi di fede: la prima è la fede senza opere, che è una fede morta. L'altra è la fede viva, ed è una fede che produce opere. Non sono la stessa cosa, una è totalmente diversa dall'altra. La fede che Dio dà che giustifica una persona è sempre una fede viva, una fede che produce opere. Se una persona ha una fede che non produce vere opere, quella è una fede morta, è una fede umana. Teniamo questa distinzione in mente, cioè la fede che viene da Dio e la fede carnale, e seguite mentre leggo i versetti 14-17.

“14 A che giova, fratelli miei, se uno dice di aver fede ma non ha opere? Può la fede salvarlo? 15 Or, se un fratello o una sorella sono nudi e mancano del cibo quotidiano, 16 e qualcuno di voi dice loro: "Andatevene in pace, scaldatevi e saziatevi", ma non date loro le cose di cui hanno bisogno per il corpo, a che giova? 17 Così è pure della fede; se non ha le opere, per se stessa è morta.” (Giacomo 2:14-17 LND)

Nel versetto 14, Giacomo chiede che valore ha una fede che non ha opere? Può quella fede salvarlo? La domanda presume la risposta che è assolutamente no. Una fede senza opere non può salvare, perché, come vedremo andando avanti, è una fede morta.

Per mostrare che quel tipo di fede non può salvare, Giacomo usa un esempio di uno che dice parole ad uno che è nel bisogno, ma non fa nulla. Quelle parole sono vuote, sono morte, non vengono veramente dal cuore. Parole che vengono dal cuore producono sempre opere. Se vedi una persona nel bisogno e dice belle parole ma non ti impegni, quelle parole non valgono nulla.

Similmente, uno può dire di avere fede in Dio, ma se non produce frutto nella sua vita, buone opere, quella cosiddetta fede è una fede morta. Non è la vera fede che viene da Dio.

Nel versetto 18, Giacomo usa l'esempio di due persone che parlano. Uno ha una vera fede, e quindi, ha opere. L'altro ha una fede morta, e quindi non ha opere. Leggo il versetto 18.

“18 Ma qualcuno dirà: "Tu hai la fede, e io ho le opere"; mostrami la tua fede senza le tue opere, e io ti mostrerò la mia fede dalle mie opere.” (Giacomo 2:18 LND)

Il punto di questa versetto è che si riconosce la vera fede, la fede viva, dalle sue opere. Questo è il punto che Giacomo sta ripetendo in questo brano. Una cosiddetta fede che non produce opere è una fede morta. Non può salvare.

La fede morta crede intellettualmente le cose, ma non nel cuore. Perciò, non cambia la persona. Perfino i demoni credono e tremano. Leggo il versetto 19.

“19 Tu credi che c’è un solo Dio. Fai bene; anche i demoni credono e tremano.” (Giacomo 2:19 LND)

I demoni credono pienamente la realtà di Dio. Infatti, tremano, perché sanno sicuramente che Dio c’è e che saranno condannati da Dio. Però non è la fede che salva. Non cambia il cuore. E questo è un esempio della fede morta.

Nei versetti 20-24, Giacomo dichiara esplicitamente che la fede senza le opere è una fede morta. Mostra l'esempio che nella Bibbia, coloro che la Bibbia usa come esempi di fede, avevano sempre opere prodotte dalla loro fede. Per primo, Giacomo usa l'esempio di Abrahamo. Certamente, la Bibbia spiega che Abrahamo aveva fede. Ma dimostra anche le opere che la sua fede produceva. Questo è l'evidenza che era una fede vivente, la fede che salva. Leggo i versetti 20-24.

“20 Ma vuoi renderti conto, o insensato, che la fede senza le opere è morta? 21 Abrahamo, nostro padre, non fu forse giustificato per mezzo delle opere, quando offrì il proprio figlio Isacco sull’altare? 22 Tu vedi che la fede operava insieme alle opere di lui, e che per mezzo delle opere la fede fu resa perfetta. 23 Così si adempì la Scrittura, che dice: "Or Abrahamo credette a Dio, e ciò gli fu imputato a giustizia"; e fu chiamato amico di Dio. 24 Perciò vedete che l’uomo è giustificato per le opere e non per fede soltanto.” (Giacomo 2:20-24 LND)

Abrahamo è colui che la Bibbia elenca come uomo con fede. Perciò, in Abrahamo vediamo un esempio di chi ha la vera fede. È il punto di Giacomo di questo brano è che la vera fede di Abramo è visibile nelle opere di Abrahamo. Specificamente, Giacomo menziona quando Abrahamo offrì il proprio figlio Isacco sull'altare. E così la fede fu resa perfetta. Ricordate che la parola perfetta non è come nell'italiano, dove c'è il contrasto fra perfetto e imperfetto. Nella Bibbia, la parola perfetta vuol dire completa. E quindi, possiamo leggere che Gesù è stato reso perfetto tramite l'ubbidienza alla croce. Vi leggo un brano che parla di Gesù Cristo in Ebrei 2:10.

“Conveniva infatti a colui, per il quale e per mezzo del quale sono tutte le cose, nel portare molti figli alla gloria, di rendere perfetto per mezzo di sofferenze l’autore della salvezza.” (Ebrei 2:10 LND)

Perciò, la vera fede non è completa finché non produce opere. In quel senso, come Gesù fu reso perfetto per mezzo di sofferenze, la fede è resa perfetta per mezzo delle opere. Quindi la vera fede deve per forza produrre opere. Se non produce opere, non è una vera fede, e non può salvare.

Quindi quando nel versetto 24 dice:

“perciò vedete che l'uomo è giustificato per le opere e non per fede soltanto.” (Giacomo 2:24 LND)

Sta dicendo che quando c'è la fede senza le opere, quella fede, la fede soltanto, è la fede morta e non può salvare. Quando dice che l'uomo è giustificato per le opere, non vuol dire che siamo salvati per opere, ma vuol dire solamente che la fede che salva è una fede che produce opere. La Bibbia non si contraddice mai. Giacomo non sta parlando della salvezza per opere, Giacomo sta facendo confronto fra la fede vera che produce opere, e la fede morta che non produce opere.

Nei versetti 25,26, Giacomo ci dà un ulteriore esempio di una fede viva, che produce opere. La fede senza le opere è morta. Leggo queste versetti.

“25 Similmente anche Rahab, la prostituta, non fu essa giustificata per le opere quando accolse i messaggeri e li rimandò per un’altra strada?26 Infatti, come il corpo senza lo spirito è morto, così anche la fede senza le opere è morta.” (Giacomo 2:26 LND)

Come abbiamo letto di Abrahamo, anche con Rahab, vediamo che la sua fede era una fede viva, che produce le opere. Questo è il senso di Giacomo quando dice che fu giustificata per le opere. Come dicevo prima, non sta dicendo che sono le opere che giustificano. Bisogna leggere questa frase nel suo contesto. Il contesto è il contrasto fra la fede viva, che salva, che produce opere, è una fede morta, che non può salvare, che non produce opere. Perciò, quando Giacomo dichiara che Rahab fu giustificata per le opere sta dicendo che fu giustificata per la fede vera che si manifesta con le opere. È estremamente importante sempre legge la Bibbia nel suo contesto.

E allora, è importantissimo capire correttamente questo brano, e ogni altro brano. Ma è anche importantissimo applicare queste verità alla nostra vita. Cioè, abbiamo capito che questo brano sta dichiarando che la vera fede produce opere. A questo punto, è importante che ognuno di noi che dice di credere in Gesù Cristo esamini la propria vita. La tua vita è piena di chiari frutti della tua salvezza?

Quali sarebbero alcuni frutti della vera fede?

Cioè, pensate con me, se nella tua vita c'è chiaro frutto della salvezza.

Uno dei primi frutti della vera salvezza, un frutto che continua per tutta la vita, è una prontezza di riconoscere e confessare i propri peccati.

Quelli che non sono veramente salvati non vogliono riconoscere i propri peccati. Si giustificano, si scusano, negano, ma non vogliono riconoscere i peccati. Invece, quando c'è la vera fede, la fede che viene da Dio, produce l'opera del ravvedimento, e quella persona è pronta a riconoscere e confessare i propri peccati. Hai tu questo frutto fondamentale?

Un altro frutto della salvezza è un cuore riconoscente. La fede vera è la fede che riconosce il proprio peccato e riconosce il perdono in Gesù Cristo. Quindi, per forza, quella fede produce un cuore che è riconoscente. Riconosce che non merita il bene da Dio, e perciò, riconosce che tutto il bene che ha è una grazia da Dio. Quindi, la vera fede produce un cuore riconoscente. Questa è una persona che giorno per giorno e piena di ringraziamento a Dio. Tu hai quel frutto nella tua vita?

La vera fede produce umiltà. La vera fede viene dal fatto che riconosciamo il nostro bisogno di Gesù Cristo. Quindi, riconosciamo che siamo peccatori, riconosciamo che solo in Gesù abbiamo accesso a Dio. E perciò, questa vera fede produce umiltà. Se io so di non meritare il bene che ho, per forza sono umile. Hai tu questo frutto della vera salvezza?

La vera fede produce il frutto di una vita piena di buone opere. La persona che ha vera fede sa che è stato comprato a caro prezzo, e che la sua vita non è sua, ma appartiene a Dio. Perciò, si dedica al usare i suoi doni spirituali, e sul tempo, i suoi soldi, il suo tutto, per la gloria di Dio. E perciò, si dedica a compiere buone opere. Anche questo è un'opera della vera fede. Tu hai questo frutto nella tua vita?

La vera fede produce una vita di santità, perché riconoscendo e confessando i peccati, la persona vuole più di Dio. Nella tua vita è visibile una crescente crescita nella santità? Questo è un frutto della vera fede.

Chiunque può dire di avere fede in Dio, ma tanti di coloro che dicono di essere cristiani non sono veramente di Cristo. Gesù dichiara che molti diranno a lui “Signore Signore!” e lui dichiarerà di non averli mai conosciuti. Quindi, la prova della salvezza non è che una persona dice di essere salvata. La prova della salvezza è nelle opere della vita di coloro che hanno la vera fede.

Perciò, se gli altri dubitano la tua salvezza, non devi agitarti. Piuttosto, devi considerare se nella tua vita ci sono le chiare opere della salvezza. Se non ci sono, hai bisogno di ravvederti e cambiare strada.

Conclusione

Ci sono due discorsi grandi in questo capitolo.

Primo, l’importanza di non avere favoritismi personali. Valutiamo il nostro cuore e le nostre motivazioni. Perché fai quello che fai? Lo fai per amore e per la gloria di Dio, o lo fai sperando che ti porterà qualche beneficio? Non devi assolutamente vederti meglio degli altri in certi campi, perché se pecchi anche in un sol campo, sei trasgressore della legge anche se eviti di peccare in altri campi. Non abbiamo motivo di vantarci. Abbiamo bisogno di avere misericordia, ricordando le nostre cadute e quanto il favoritismo è un grandissimo peccato.

Poi, se tu dici di essere credente, ma hai peccati che non vuoi abbandonare, la tua fede è morta. La vera fede produce opere della fede. La vera fede produce frutto.

Prego che ognuno di noi esamini la propria vita per vedere se ci sono campi dove hai favoritismi personali o campi dove non hai frutto e opere della vera fede.

Ascoltiamo quello che Dio ci dice qui nella Sua Parola.